Alexander ha insegnato alla Medical School di Harvard, è un neurochirurgo molto rispettato. Ma nel 2008 la sua vita è cambiata. Ha rischiato di non farcela per una meningite fulminante e durante sette giorni di coma è convinto di aver avuto un’esperienza di pre-morte. La sua storia è finita in copertina sul magazine Newsweek e nel suo libro, Proof of heaven (Prova del paradiso), di prossima uscita in Italia.
Professore, ha davvero visto Dio?
«Certo. E molto altro. Sono stato in Paradiso. E non posso averlo né sognato né immaginato perché la mia corteccia cerebrale era completamente fuori uso a causa della meningite da e-coli, una forma rarissima».
Ci descrive l’aldilà?
«Non avevo nessuna memoria della mia vita terrestre, ero senza peso, non conoscevo il concetto di essere umano. Ero fatto solo di sensi. E per me quel viaggio è durato per sempre. È cominciato sottoterra, in un ambiente buio e fangoso. Poi una melodia celestiale mi ha chiamato in alto e mi sono trovato in una splendida vallata, con migliaia di farfalle, fiori e nuvole colorate. Sopra le nubi c’erano creature meravigliose che ho chiamato angeli perché non saprei come descriverle altrimenti.
I colori erano brillanti e cangianti. Intorno a me c’era una forza potentissima, era amore puro e incondizionato. Era Dio. Mi sono accorto che stavo viaggiando sull’ala di una farfalla con una donna bellissima accanto a me. Quell’essere celestiale senza parlare mi ripeteva questa frase: “Sei amato e adorato e lo sarai per sempre, non c’è nulla di cui aver paura, non puoi fare nulla di sbagliato. Ti mostreremo molte cose qui ma alla fine tornerai indietro”».
Quella donna aveva il volto di qualcuno che lei conosce?
«Quando l’ho incontrata non lo sapevo, ma era mia sorella. Sono stato adottato e ho ritrovato i miei veri genitori soltanto qualche anno dopo essere uscito dal coma. Mi hanno mandato la foto di mia sorella morta nel 1998 e mi è venuto un colpo. Era proprio lei. La fanciulla del mio viaggio. Quando ho chiesto alla mia mamma biologica di descrivere sua figlia mi ha detto: “Era come un angelo sulla terra”».
Lei è uno scienziato e prima era uno scettico. Si aspetta davvero che la gente le creda?
«Solo gli ignoranti possono non credermi. Ormai ci sono talmente tante prove, racconti, testimonianze. Quello che ho visto è reale. Non è stato partorito dal mio cervello che era come morto. È successo al di fuori di me, in un’altra dimensione».
Come concilia le certezze del neurochirurgo con la fede e il paradiso?
«La mia esperienza ha dimostrato inequivocabilmente che la coscienza è indipendente da corpo e cervello ed è il potere più importante dell’universo. La scienza non è ancora stata in grado di comprenderla, nonostante i tentativi della meccanica quantistica. Io dico che la scienza dovrebbe abbracciare il potere della spiritualità. Non vedo frattura tra scienza e religione».
Però la vedono i suoi colleghi. Molti l’hanno invitata a rinsavire.
«Pubblicamente. Ma tantissimi colleghi che ho interpellato sia per la mia guarigione dalla meningite, che è davvero miracolosa, sia per scrivere il mio libro e dare una spiegazione scientifica al mio viaggio, mi hanno detto che una spiegazione razionale non esiste».
Altri hanno scritto che il suo racconto assomiglia un po’ troppo a un viaggio sotto gli effetti della droga e contiene tutti i cliché del paradiso.
«Non vede? Tutti i racconti di pre-morte sono praticamente uguali. Vuol dire che sono reali! Un’infermiera che lavorava nei campi di sterminio della Seconda guerra mondiale ha raccontato che in tanti lettini del lager i prigionieri avevano intagliato delle farfalle. Questo perché sono comuni nelle esperienze di viaggi nell’aldilà. Compaiono anche nel Libro dei Morti degli antichi egizi. Non sono ricordi, sono reali. E tutti possono vedere Dio».
Intende da svegli?
«Proprio così. Attraverso tecniche come il potenziamento acustico e la sincronizzazione atmosferica. Quando viaggiavo nel Paradiso mi sono accorto che a trasportarmi verso l’alto dal fango era la melodia. Se la seguivo mi elevavo. Attraverso la meditazione sto cercando di ritrovare quella melodia e quindi anche Dio. Possono provarci tutti. Non ci sono ancora riuscito ma, ne sono convinto, è solo questione di tempo».
01 febbraio 2013 – Tiscali.it – di Deborah Ameri