Del resto, i miracoli che riferisce il vangelo di Marco sono guarigioni di uomini e donne dentro cui si realizza qualcosa che è vangelo per tutti:
nel testo greco, come i verbi che indicano l’essere “a letto” della suocera di Simone e lo stare dei malati davanti alla casa, hanno a che fare con ‘l’essere sdraiato’, senza forze, come nel giacere della morte, così il gesto di ‘alzare’ che Gesù compie, è un ritorno alla vita espresso dallo stesso verbo che dice la resurrezione.
Nel miracolo dunque la guarigione del corpo rimanda ad una guarigione piena e definitiva che scaturisce dalla fede nel Dio della vita. Senza questa fede, la guarigione non basta mai e si finisce per guardare a Gesù come ad un guaritore che sana alcuni, ma non altri e che, come Simone nel racconto evangelico, non si può fare a meno di sollecitare, non senza rimprovero, perché “tutti ti cercano”.
Come a dire: ne hai guariti tanti…perché non anche “tutti” gli altri che per questo “ti cercano”? Se non si crede che Dio vuole e fa il bene dell’uomo, la nostra pretesa sulla salvezza è quantitativa e perciò essa ci appare sempre come incompleta e insoddisfacente. Dunque non è salvezza per noi.
Chi invece ha fiducia che Dio compirà la salvezza, secondo un disegno e dei tempi che non sta a noi conoscere, valorizza ogni piccolo momento di vita e lo vede come anticipazione della grazia definitiva e piena della resurrezione.
Perciò è già guarito.
Dai “Commenti da Gesù Redentore” – Modena – al Salmo 146:
Risanaci, Signore, Dio della vita.
È bello cantare inni al nostro Dio,
è dolce innalzare la lode.
Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d’Israele.
Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite.
Egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.
Grande è il Signore nostro,
grande nella sua potenza;
la sua sapienza non si può
calcolare.
Il Signore sostiene i poveri,
ma abbassa fino a terra i malvagi.