Di fronte al difficile compito educativo, sia tra i genitori che tra gli insegnanti e in genere tra gli educatori è forte “la tentazione di rinunciare, e ancor prima il rischio di non comprendere nemmeno quale sia il loro ruolo, o meglio la missione ad essi affidata”.
Se in campo tecnico o economico i progressi di oggi possono sommarsi a quelli del passato, “nell’ambito della formazione e della crescita morale delle persone non esiste una simile possibilità di accumulazione, perché la libertà dell’uomo è sempre nuova e quindi ciascuna persona e ciascuna generazione deve prendere di nuovo, e in proprio, le sue decisioni”.
“Anche i più grandi valori del passato non possono semplicemente essere ereditati, vanno fatti nostri e rinnovati attraverso una, spesso sofferta, scelta personale”.
Chi crede in Cristo, ha aggiunto, ha “un ulteriore e più forte motivo per non avere paura: sa infatti che Dio non ci abbandona, che il suo amore ci raggiunge là dove siamo e così come siamo, con le nostre miserie e debolezze, per offrirci una nuova possibilità di bene”.
L’anima dell’educazione, come dell’intera vita”, quindi, per il Papa “può essere solo una speranza affidabile”.
Al giorno d’oggi, constata il Vescovo di Roma, “la nostra speranza è insidiata da molte parti”, ed è proprio qui che nasce “la difficoltà forse più profonda per una vera opera educativa: alla radice della crisi dell’educazione c’è infatti una crisi di fiducia nella vita”.
Di fronte a questo, il Papa ha invitato a “porre in Dio la nostra speranza”. “Solo Lui è la speranza che resiste a tutte le delusioni; solo il suo amore non può essere distrutto dalla morte; solo la sua giustizia e la sua misericordia possono risanare le ingiustizie e ricompensare le sofferenze subite”.
“La speranza che si rivolge a Dio non è mai speranza solo per me, è sempre anche speranza per gli altri: non ci isola, ma ci rende solidali nel bene, ci stimola ad educarci reciprocamente alla verità e all’amore”.
Una vera educazione, ha proseguito il Papa, ha bisogno anzitutto “di quella vicinanza e di quella fiducia che nascono dall’amore”.
Ogni vero educatore, ha infatti spiegato, “sa che per educare deve donare qualcosa di se stesso e che soltanto così può aiutare i suoi allievi a superare gli egoismi e a diventare a loro volta capaci di autentico amore”.
Il punto “forse più delicato” dell’opera educativa, secondo Benedetto XVI, è “trovare un giusto equilibrio tra la libertà e la disciplina”.
“Senza regole di comportamento e di vita, fatte valere giorno per giorno anche nelle piccole cose, non si forma il carattere e non si viene preparati ad affrontare le prove che non mancheranno in futuro”.
Il rapporto educativo, tuttavia, è “anzitutto l’incontro di due libertà e l’educazione ben riuscita è formazione al retto uso della libertà”.
“L’educatore è quindi un testimone della verità e del bene – ha concluso – certo, anch’egli è fragile e può mancare, ma cercherà sempre di nuovo di mettersi in sintonia con la sua missione”.
CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 23 gennaio 2008 (ZENIT.org).- L“anima dell’educazione” è la speranza, afferma Benedetto XVI nella Lettera che ha indirizzato alla diocesi e alla città di Roma sul difficile compito educativo.
Nel testo, datato 21 gennaio, il Papa riconosce che educare “non è mai stato facile, e oggi sembra diventare sempre più difficile”. Per questo si parla di una grande “emergenza educativa”, “confermata dagli insuccessi a cui troppo spesso vanno incontro i nostri sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare un senso alla propria vita”.