LE PROVVIDENZE PRECISE

Proprietario di uno splendido fondo nelle campagne di Formigine, Paolo arriva alla Spei tramite Stefano, con cui divide un’esperienza di amicizia nel Coro del Duomo di Modena. Entrare in quello studio è stata per lui un’esperienza forte, che sconquassa e non può lasciare indifferenti. Vale per lui e vale per chiunque è chiamato ad arrivarci. “Chiamato”, perché “il caso non esiste” ed ora Paolo ne è sicuro. Si accorge che alla Spei arrivano persone con una serie di particolari problemi che possono essere risolti. Una volta capito, affrontato e risolto il problema, la Spei “conclude” la propria missione, e la persona “se ne deve andare”. Lui è proprio una di quelle persone.
Quando arriva alla Spei, Paolo ha grossi problemi finanziari. Problemi “più grandi di lui”, grandi al punto da non farlo dormire la notte e lasciarlo perennemente in uno stato di affanno, di quasi disperazione. Avvicinandosi all’ambiente Spei, sperimentandolo in prima persona, conosce un mondo che non sapeva, o che sapeva a malapena: l’esperienza della centralità del sacro nella vita, del totale abbandono alla Provvidenza divina. Si accorge che solo una volta accettata, lasciata entrare, la Provvidenza può trovare terreno da lavorare: un campo nudo, disposto, cui potersi applicare. È grazie all’incontro con la Spei che Paolo cambia radicalmente la visione della propria vita. Gesù è messo al centro, lasciato al lavoro in atteggiamento di fiducia, speranza, disposizione del cuore: “Se lasci entrare la Provvidenza, quella entra per davvero”. I suoi segni sono dappertutto. E sono piccoli segni, “provvidenze precise” nella vita di ogni giorno, lavorativa in primis, di cui Paolo ora “si accorge”, è libero di accorgersi. Gli stessi problemi che prima lo attanagliavano si ridimensionano: ci sono, ma stanno al loro posto, quello giusto, più sotto nella scala delle preoccupazioni. Non è più il solo Paolo a prendersene carico, Qualcuno che è più forte di lui lo aiuta, provvede per lui e per chi gli sta intorno. 
Anche prima Paolo sapeva che “le cose devono servire all’uomo e non viceversa”, ma era da solo, e da soli non si riesce a far nulla. Ora, sulla propria pelle, fa esperienza quotidiana di un tale ribaltamento. È come se lo avesse re-imparato. Ed anche nei suoi campi, nella sua acetaia, Paolo ha esteso il metodo Spei di affidamento, questa specifica missione.

27/07/2014