Gianluca ha trentun’anni ed è laureato in Ingegneria meccanica. Vive tra Modena e La Spezia, è alla Spei dal giugno del 2011. Di famiglia benestante ed atea, intelligente e modesto, s’è da poco tolto lo sfizio di comprare una moto. Dopo aver valutato di intraprendere una carriera come maestro di vela, ha scelto di lavorare come disegnatore, ciò per cui ha studiato e gli piace fare.
Come sei arrivato alla Spei?
Nel 2010 conseguii una laurea triennale in Ingegneria meccanica. Ci misi molto tempo, ma subito mi misi alla ricerca di lavoro: un anno di curricula inviati senza successo, nessuno mi dava l’opportunità neanche di fare un colloquio. La crisi economica era all’apice. Poi arrivò Stefano: mio padre lavorava in un ufficio di proprietà della sua famiglia, così chiese al padre di Stefano se suo figlio stesse cercando qualche ingegnere. Non aveva bisogno, ma comunque mi diede la possibilità di fare un colloquio, che si svolse ai Giardini pubblici di La Spezia, nel giugno del 2011 – sia io che Stefano siamo spezzini. Parlammo dei programmi di disegno che sapevo usare, delle mie competenze e della mia storia. Dopo qualche mese di prova, venni assunto nel gennaio 2012 come apprendista, e tuttora lavoro qui – mi occupo di disegno, manualistica, e faccio un po’ di formazione ai nuovi arrivati.
Cosa ti chiese Stefano al colloquio?
Mi ha chiesto della mia vita spirituale, gli dissi che ero – e sono tuttora – distante dalla fede. Ho avuto alcune disgrazie sul piano famigliare, sono successe troppe brutte cose… Quando mi dicono che “Lassù qualcuno mi vuole bene” storco un poco il naso, non sono completamente d’accordo.
Che tipo di disgrazie?
Ho conosciuto solo una nonna, gli altri tre sono morti quando ancora dovevo nascere. Mi sono anche morti due cugini in due incidenti, uno subacqueo e l’altro automobilistico. E poi mi è morto un grande amico, aveva solo diciott’anni: mentre stava cambiando una gomma sul ciglio della strada, venne investito da un’automobile a tutta velocità. Non ero mai stato un fervente credente – l’ultima Messa cui sono andato è stata quella della Cresima – ma dopo certe “batoste” mi sono dato risposte non proprio positive nei confronti di Dio… Non mi è mai venuto da pensare “Per fortuna che Dio c’è”, ecco. Questo è il mio caso – sarà un mio limite – so che c’è gente che proprio dalle disgrazie ha trovato la fede. Io no.
I tre anni alla Spei ti hanno fatto cambiare idea?
Ho ripensato a tutte le cose che sono successe, alle risposte che mi sono dato. Avevo un’ottica completamente asettica – nessun “coinvolgimento spirituale” – ora vedo le cose sotto un altro profilo. Prima pensavo che una cosa può succedere solo “se la si fa accadere”, attraverso le proprie operazioni o il proprio modo di fare. Stefano mi ha fatto “vedere un altro modo di vedere”, che ci può essere un intervento indipendente da noi, dipendente da un “altro” soggetto in questione – sia pure la Madonna, o lo stesso Dio. In pratica, so che c’è la possibilità di non giocare più da soli, ma in due.
Quindi: a volte Dio interviene positivamente, altre volte si disinteressa completamente…
Una cosa del genere. Mi chiedevo perché ha permesso tutte quelle disgrazie alla mia famiglia, perché è stato assente. È vero, Lui può anche “provvedere”, ma quando interviene non lo fa in misura eguale con tutti: con alcuni usa il bastone, con altri la carota – personalmente, di carote ne ho viste poche. Può essere che sia un Dio provvidenziale, non lo escludo, ma non necessariamente buono: ad alcuni fa del bene, ad altri no. Ho molte resistenze a credere che sia “essenzialmente” buono: l’amico e i cugini che ho perso erano giovanissimi, non potevano aver fatto molto di male.
Da quello che dici, sembra che quelle morti siano una punizione di Dio… Guardandola da fuori, il tuo amico è stato “semplicemente” investito da un’auto che doveva andare più piano. Il male non l’ha fatto Dio, ma il conducente che andava forte.
Visto che si dice che tutto quello che accade non dipende esclusivamente da noi in quanto “siamo nelle mani di Dio”, mi domando perché permetta certe cose… Se la macchina del mio amico si fosse fermata cinquanta metri più avanti o più indietro, forse non sarebbe stato investito.
Sembri proprio convinto della possibilità dell’intervento divino…
Sì, anche perché mi sono capitate delle cose, le chiamo piccole “coincidenze”, che possono anche essere viste come “aiuto esterno”. Racconto questa: un giorno ero in auto, guidavo verso Modena per andare in una ditta dove avrei dovuto incontrare Stefano. Arrivai ad un incrocio, mi fermai. Guardai a destra, a sinistra. Non c’era nessuno. Ingranai la prima e ripartii. Improvvisamente mi comparve davanti un ciclista, inchiodai ma lo toccai lo stesso: rimase in piedi, nessun graffio. Mi scagliò contro una bella serie di improperi, ma non si era fatto male. Avevo frenato al momento giusto.
Dove sarebbe stato l’intervento divino?
Mi fossi fermato mezzo metro più avanti l’avrei preso in pieno, si sarebbe fatto del male, avrei perso la patente, un guaio terribile… Un fatto del genere si può vedere in due modi: come semplice coincidenza, della serie “fortuna che me ne sono accorto all’ultimo”, o come “intervento altro”, della serie “meno male che me lo hai fatto vedere”. Ci ho pensato e ripensato, e non posso escludere il secondo caso: non posso dire con sicurezza che sia stato Dio a farmi accorgere all’ultimo di quel ciclista, ma non posso dire neanche il contrario. Ci sono probabilità molto alte che quel giorno Dio sia intervenuto per evitare una disgrazia.
Seguendo la tua logica, Dio è stato buono con te, ma cattivo col tuo amico…
Sì, quel giorno mi ha fatto del bene, sono stato privilegiato. Ciò non toglie che sia ingiusto, che non si comporti con tutti allo stesso modo. Per il mio amico non ha fatto nulla…
Hai avuto un “coinvolgimento spirituale”?
Chiamiamolo pure così. Una bella novità per me. Prima di arrivare alla Spei ero completamente estraneo a discorsi ed esperienze divine. Oltre al fatto di avermi dato da lavorare – quando nessuno aveva avuto il coraggio di farlo – la Spei mi ha aperto la porta alla dimensione divina. Non sono ancora credente – non posso definirmi tale – ma ora quella porta è socchiusa.
Cosa aspetti ad aprirla?
Deve succedere qualcosa che da solo non avrei potuto combinare. Un intervento “altro”, chiaro e inequivocabile. Insomma, un miracolo. Devo esserne sicuro al 110%. Sono come Tommaso, devo infilare il dito.
Se il miracolo non arrivasse, non rischieresti di rimanere “fregato”, con la tua porta socchiusa?
Il rischio è quello. Rimarrei nella posizione in cui sono ora. Ma mi auguro che il miracolo avvenga.
Alla Spei farai anche tu la preghiera con i colleghi, al giovedì. Hai mai chiesto quel miracolo?
Partecipo all’incontro di preghiera, rimango con gli altri, ma non prego: lo vivo come un momento di distacco, in cui posso pensare a tutta quella serie di cose che potrebbero portarmi a pensare ad una possibile fede. E qualche volta sì, ho chiesto il miracolo – ho pregato anch’io. Ma al momento, Dio non mi ha esaudito…
E se il miracolo arrivasse, crederesti automaticamente?
Non ne sono così sicuro, dovrei “sentirlo”. Chiaro che un miracolo mi farebbe pensare, mi aprirebbe il cervello, mi farebbe ragionare sotto un altro punto di vista: “la vedevo sempre da nord, ora vedo anche da sud”. Mi auguro che il miracolo avvenga.
Stefano ti ha mai raccontato di miracoli successi?
Mi ha raccontato della sua conversione. Dal suo punto di vista è stata un miracolo. Non posso dire che lui non l’abbia vissuto, anche perché gli ha cambiato la vita. E quando qualcosa ti cambia la vita è quasi automatico che uno veda il miracolo. Io aspetto una cosa del genere, qualcosa che mi cambi la vita.
Secondo te, come fa Stefano a tenere in piedi una ditta così particolare?
Stefano ha la sicurezza che – siccome fa del bene – la Spei non potrà mai andar male, perché ha dietro un Altro che le dà una mano. “La mano arriva perché sto facendo del bene”: credo che questo sia il suo pensiero. Io farei molta fatica tanto a fare impresa quanto a fare impresa in questo modo: ho qualche dubbio in più di Stefano [ride, ndr].
Stefano ha mai mostrato dubbi?
Sto con lui molto tempo, dai viaggi sulla Cisa La Spezia-Modena alla convivenza in casa sua – quando lavoro in ufficio rimango a dormire a casa sua. Parliamo molto, e dubbi non me ne ha mai mostrati. Forse ne ha avuti all’inizio dell’avventura Spei, ma oggi, secondo me, non ne ha nemmeno uno. Se li ha, sono talmente pochi rispetto alle certezze che non possono prevalere. La certezza vince sul dubbio.
02/09/2014