Lorenzo è un architetto ed ha un’attività in proprio con un dipendente. Ha conosciuto Stefano negli ambienti scolastici, ed è legato a lui da una profonda amicizia: credente, ci offre il suo sguardo di imprenditore sul progetto Spei.
Come ha conosciuto la Spei?
Sono entrato in ufficio diverse volte, sono molto amico di Stefano. Ci siamo conosciuti alla scuola dei nostri figli grandi perché erano in classe insieme, dalla prima elementare, nel 2006 – da lì le nostre famiglie si sono frequentate moltissimo: compleanni, cresime, cene insieme… Ci sentiamo e ci vediamo tuttora, ed anche se non abbiamo mai avuto rapporti di lavoro in comune, confrontiamo sempre le nostre esperienze professionali.
Sapeva da subito che Stefano era molto religioso?
No, avevamo sempre e solo parlato del più e del meno – i bambini, la scuola… Poi una sera normalissima – la sua famiglia era a casa nostra a mangiare – mi ha parlato della sua conversione.
La prima volta che è andato in ufficio si aspettava un ambiente così pieno di immagini religiose?
Un po’ me l’aspettavo, perché avevamo già parlato molto della sua conversione: sicuramente ho visto crescere la cosa – la prima volta il suo ufficio non era ancora stato verniciato di azzurro e non c’erano così tante icone e statuine della Madonna. Pianin pianino questa cosa è aumentata. Stefano diceva di voler fare una saletta – che poi ha fatto nel tempo – in cui tutti i lunedì ci si satirebbe trova a pregare…
È mai stato ad uno di quegli incontri?
No… Se avessi voluto ci sarei potuto andare, senza alcun problema, ma per me erano ad un orario impossibile: al lunedì mattina lavoro, avrei dovuto creare l’occasione e non ce n’è stato il tempo.
Lei è un imprenditore e conosce il progetto Spei. Le chiedo: è fattibile una cosa del genere? La ditta può stare in piedi?
Guardando Stefano verrebbe da dire di sì. A “metà del guado” ha avuto anche lui alcune difficoltà nel mantenere la Spei. Tuttora – che mi sembra vada bene – non ha sempre una tranquillità di lavoro per cui si va via lisci – ha avuto anche dei pensieri nel momento della crisi, che è poi stato un periodo nero per tutti.
Era il 2011?
Secondo me Stefano ha sentito la crisi un po’ prima, a cavallo tra il 2010 e il 2011. Dall’anno scorso non si lamentava già più – o meglio, si lamentava ma in modo diverso.
Che lei sappia, Stefano aveva pensato di chiudere?
No… no. Quello non l’ha mai pensato. Però ha cercato di circondarsi delle persone che condividono il progetto Spei – questo è quello che crede lui. Io non conosco così bene i suoi dipendenti per poter capire se effettivamente è così o no.
Molti ma non tutti…
Alcuni, quando han visto che economicamente la cosa era più debole, hanno cercato altro, e quando hanno trovato se ne sono andati.
C’era il sentore diffuso che la ditta potesse chiudere?
No, secondo me no, questo sentore non c’era. Sicuramente non si era venuto a formare un clima di armonia interna, per forza, perché Stefano chiese di fare un po’ di cassa integrazione: le classiche operazioni che si fanno quando si vuole cercare di sostenere economicamente l’azienda nei momenti di crisi. Il periodo era bruttino per il suo settore, la meccanica, dove mancava lavoro.
Dice che la soluzione adottata da Stefano è stata quella di circondarsi di persone che credevano nella Spei così com’era.
Sì, una ditta con dei valori particolari, non soltanto quelli del puro e semplice business. Stefano aveva questa cosa in mente.
Può salvarsi una ditta che non ha come valore solo il business?
Secondo me sì, se è disposta… È un po’ come in famiglia: se chi lavora per te condivide le tue idee e contemporaneamente ha la capacità di rinunciare a certe cose – un aumento di stipendio, oppure certe aspettative che si possono avere lavorando in un’azienda che cresce continuamente, con conseguente aumento di grado, aggressività commerciale… Insomma, se tutta la struttura crede in un diverso modo di lavorare probabilmente, pur con qualche pensiero in più, si può riuscire.
Secondo lei c’entra Dio in tutto questo?
È difficile questa domanda. Stefano mi ha riportato talmente tanti episodi in cui sembra che proprio l’intervento di Dio l’abbia salvato in certe situazioni. Se uno la vede da fuori può pensare che Stefano abbia avuto solo qualche colpo di fortuna… Secondo me Stefano è una persona molto intelligente e quindi riesce, da bravo imprenditore, a prendere il lavoro quando ce n’è.
Lei, personalmente, crede che Dio possa intervenire in queste cose?
C’è tutta una questione di comportamento personale: Stefano non ha la ditta in balia di Dio, Stefano ha un comportamento per cui Dio gli può dare una mano: i suoi valori etici e di azienda possono essere supportati da Dio. Se io dico “domattina speriamo mi arrivi un lavoro” non funziona…
Neanche Stefano dice questo.
Neanche lui lo dice, la Spei è una cosa particolare: non ci sono solo cristiani, ma anche musulmani eccetera – penso che lui sia riuscito a coinvolgerli a livello emotivo/religioso lasciandogli la libertà di credere in Allah… Però questi dipendenti dovrebbero aver capito la persona: e quindi condividono la persona – l’aspetto religioso è intimo e personale, anche perché Stefano non impone delle cose, ma dà la possibilità di fare delle scelte. Se scegli il suo percorso gli aspetti sono di questo genere.
Lei ha dipendenti? Riuscirebbe a fare una cosa del genere?
Ne ho avuti due – ora solo uno, uno si è licenziato alla fine di agosto. Stefano ha una fede tale che sovrasta tantissime cose. È talmente convinto della sua fede che supera molte diffidenze: è un approccio che sarebbe “non logico” dal punto di vista del business, perché non porta a certi tipi di produttività. Nel mio caso, essendo un’azienda molto piccola, inevitabilmente si è creata una “struttura famigliare”: in questo momento architettura e settore residenziale a Modena sono un disastro totale, mi trovo nella situazione che Stefano ha vissuto nel 2010: anch’io ho fatto il discorso della riduzione di orario, e una mia dipendente è andata via perché voleva uno stipendio più adeguato alle proprie esigenze…
Il modello Spei può essere esportabile?
Penso di sì, dipende solo dalla fede di chi lo fa. Ci vuole un progetto. Da come ho visto crescere la Spei viene da dire che Stefano abbia conosciuto persone per strada casualmente che si sono poi rivelate “brave persone” e non disgraziati che sono arrivati per rubargli un computer e non farsi più vedere: questo fa chiedere <<C’entra Dio, c’entra la fortuna, o Stefano è una brava persona e riconosce chi è in vera difficoltà da chi finge?>> Conosco altre persone che non sono credenti ma hanno atteggiamenti molto simili al suo: anche a loro succedono cose simili a quelle che succedono a Stefano, ma non c’entrano niente con la fede e non c’entrano niente con Dio.
Si potrebbe dire che Dio c’entra anche se loro non lo sanno?
Stefano dice proprio così. Queste cose mettono curiosità, fanno pensare. Uno potrebbe dire <<Guarda che coincidenze pazzesche che mi capitano>>. Può essere che credendo tanto in una cosa, e pensando che sia quella giusta, ti succedano cose di contorno, coincidenze stranissime… Cose tipiche di Stefano. Viene da rispondere che Dio c’è sempre di mezzo…
29/09/2014