Amelia ha quarantacinque anni ed è originaria di Avellino. È arrivata a Modena nel 2001 per conseguire la specializzazione in Rianimazione e anestesia, dopo aver conseguito al Sud una laurea in Medicina. Lavora all’ospedale di Baggiovara e dal 2002 è sposata con __________, anch’esso dottore, conosciuto poco prima di vincere il concorso: hanno una bimba di due anni e mezzo.
Amelia, il tuo nome è saltato fuori nell’intervista che ho fatto a Giuseppe [Mingolla]. Sei stata tu a portarlo alla Spei?
Giuseppe è il marito di un’infermiera [Lucia] che lavora con me all’ospedale di Baggiovara. L’anno scorso era arrivata al punto di essere disperata, tanto che chiedeva a tutti aiuto per trovare un lavoro a suo marito, disoccupato da anni. Un giorno mi chiese se avevo dei contatti e gli parlai del mio vicino di casa, Stefano, che aveva un’azienda. Appena lo vidi gli chiesi se avesse un’idea per questa persona, se magari conoscesse aziende che cercavano qualcuno. Stefano mi disse di farlo andare da lui. Dopo un po’ di tempo rividi sua moglie: mi disse che pochi giorni dopo il colloquio alla Spei, Giuseppe aveva trovato lavoro alla Fiat Trattori. Era contentissima.
Come hai conosciuto Stefano?
L’ho conosciuto nel 2008 quando io e mio marito ci trasferimmo in via Galilei, dove i miei suoceri avevano liberato un appartamento. Io e Stefano eravamo vicini di casa, ci vedevamo spesso nella corte e capitava di fare due chiacchiere. Appena arrivati, durante il trasloco, capitò di suonare a casa sua e di Francesca per chiedere se avessero del nastro adesivo; Stefano venne ad aiutarci. Quel giorno notai che portava al collo il tau francescano, capii fin da subito che era molto religioso… Con il passare del tempo ne ebbi conferma: ogni volta che si fermava a chiacchierare con noi sottolineava sempre della sua conversione, lo diceva fermamente…
Vi frequentavate? Cene, cose così…
No, non ce n’è mai stata l’occasione, forse perchè si era sempre tutti di fretta. Sia noi che loro siamo sempre di corsa, e poi ci è nata la bimba ed il tempo è stato sempre meno… Tra l’altro anche sua moglie finì per lavorare come psicologa nel mio ospedale, dopo aver ottenuto il trasferimento da Pavullo. Si chiacchierava spesso, da vicini di casa. Poi, da un certo momento, Stefano cominciò a mandarmi delle mail sui messaggi di Medjugorje, e spesso gli rispondevo, mandandogli dei racconti direttamente dall’ospedale… Scrivevo di cose che mi capitavano sul lavoro, di episodi, tragedie, pazienti, quello che mi capitava di forte: una notte arrivò un albanese, che morì dopo alcune ore. Ricordo che scrissi a Stefano una mail lunghissima, sembrava un libro. Se ne ricorderà senz’altro, si meravigliò molto di tutte le cose che avevo scritto…
Sei credente?
Sì, abbastanza.
Cosa pensavi dei discorsi di Stefano?
Lo ascoltavo con molto piacere, anche perché quello era per me un periodo molto particolare. Anch’io avevo avuto dei segni, dei messaggi… Il fatto di aver incontrato Stefano proprio in quel periodo mi aveva lasciato sorpresa: avevo sognato diverse volte la Madonna di Medjugorje. Incontrare all’improvviso una persona che me ne parlava fu una bella coincidenza, tanto che convinsi mio marito a fare un pellegrinaggio, perché secondo me “quella Madonna” voleva comunicarmi qualcosa. Era un periodo che la trovavo un po’ dappertutto, non solo in ospedale sui comodini dei pazienti. Questa cosa mi colpiva… Mi sorprendeva.
È successo qualcosa a Medjugorje?
No, devo dire di no. Avevo delle aspettative maggiori, non è successo nulla. Abbiamo vissuto alcuni bei giorni, là è bello, ma forse sono andata con troppe aspettative.
Cosa ti aspettavi? Delle apparizioni?
Non lo so… Forse di vivere un’emozione più profonda… Non so dirti.
Quando ci sei andata? Prima della nascita della bimba?
Sì, prima. Sarà stato il 2010… In quel periodo non stavo molto bene…
Dal punto di vista professionale?
No, personale… Erano ricapitate cose vecchie che tornavano alla ribalta, ero un po’ giù.
Tuo marito cosa pensava dei tuoi sogni?
Lui è sempre stato vicino alla Chiesa, da bambino frequentò scuole cattoliche e fino ai venticinque anni ha fatto il catechista. È uno che si lascia coinvolgere, ma sui sogni rimane distaccato, li vede come “sogni e basta”. Io invece ho un rapporto molto particolare coi miei sogni, ci credo tantissimo; sarà che tante volte ho avuto dei segni attraverso di loro, per cui penso sempre che vi sia un qualcosa di comunicativo. Non so come spiegarlo, ma il sogno comunica… Ho sempre ricevuto dei messaggi…
Che tipo di messaggi?
Di qualsiasi tipo…
Anche sulla quotidianità?
Sì, anche, sempre messaggi molto forti. E tante volte ho avuto dei riscontri, cose che nella vita mi sono trovata a riconoscere di aver già vissuto in sogno. Tanto da pensare: “Ma guarda te che coincidenza”.
Farai anche degli incubi, cose che non si traducono nella realtà.
Sì sì, sogno di tutto: cose belle, cose meno belle.
Del lavoro di Stefano cosa sai?
Solo quello che mi dice lui. So che lavorano con aziende biomedicali, ma di aspetti tecnici non so nulla… Quando parla di lavoro Stefano si riferisce più che altro ad altri aspetti…
Quali?
Di persone che sono capitate lì per caso…
Cosa dice di queste persone?
Mi ha raccontato che lui non le sceglie, che vengono mandate… Cose di questo tipo…
Mandate da Maria?
Stefano dice così. Che queste persone non arrivano da lui per caso, che sono incontri “voluti”.
Ricordi il racconto su qualcuno di questi incontri?
Sì, quello su un ragazzo marocchino [Aziz]. Si erano incontrati in strada mentre entrambi pregavano…
Cosa pensi dei racconti di Stefano?
Anch’io credo molto nel fatto che gli incontri possono non essere casuali. Quindi condivido.
Stefano ti ha mai invitata a vedere l’ufficio della Spei?
Sicuramente m’avrà invitata, però non ci sono mai andata, non è mai capitata l’occasione.
Con Stefano avevi parlato del tuo viaggio a Medjugorje e delle aspettative che avevi?
Gli parlai del viaggio, ma non delle mie aspettative. Mi raccontò della sua esperienza… Tra l’altro c’è andata anche mia mamma, due volte. La prima rimase abbastanza colpita, soprattutto dal sentiero del crocifisso. La seconda volta ci è andata nel maggio dello scorso anno, e sulla strada del ritorno si è ammalata. Sbarcati ad Ancona non si sentiva già bene. Hanno fatto tappa a Loreto, dalla Madonna Nera, e lì si è sentita malissimo: aveva una febbre altissima, si dovette stendere. Praticamente Mamma si ammalò di linfoma sulla strada di ritorno da Medjugorje.
Forse ha iniziato a stare male da lì…
Lei già non si sentiva bene prima di partire, aveva dei brividi. È una donna “di una volta”, così aveva chiesto a Maria che, se proprio doveva venire la febbre, arrivasse dopo il pellegrinaggio. Durante la settimana del pellegrinaggio è stata bene, sulla strada del ritorno è stata male. Ha avuto la febbre alta per trenta giorni, fino a quando non ha cominciato la chemioterapia con una diagnosi di linfoma. Adesso la malattia sembra in remissione, speriamo…
Cosa hai pensato di questa storia?
Mi è venuto un po’ di sconforto, devo dire…
Hai collegato la malattia di tua madre al suo pellegrinaggio?
Sì, l’ho collegato… Però quando ci ripenso mi dico che è chiaro che non è stata la Madonna a farla ammalare, quindi le dico: “Hai visto mia mamma quando è venuta da Te, era ammalata, ti prego, aiutala”; le chiedo solo questo.
Sei ancora in contatto con Stefano?
Vedo sempre Stefano quando passa da casa, qualche volta mi manda un messaggio o una mail. Spesso ci incrociamo fuori dalla porta e facciamo una chiacchierata, ma sono sempre incontri veloci, non capita una cena insieme… Per una questione di tempo.
21/04/2015