24 Aprile, memoria di San Fedele da Sigmaringen, sacerdote e martire.
A Séwis, durante una sua predica, si udì qualche sparo. Fra Fedele portò ugualmente a termine la predica e poi si riavviò verso casa. All’improvviso gli si fecero attorno una ventina di soldati, capeggiati da un ministro, che in seguito si sarebbe convertito. Gli intimarono di rinnegare quanto aveva predicato poco prima. “Non posso, è la fede dei vostri avi. Darei volentieri la mia vita perché voi tornaste a questa fede”. Colpito pesantemente al capo, ebbe appena il tempo di pronunciare parole di perdono, prima di essere abbattuto a colpi di spada. Era il 24 aprile 1622.
Anche oggi siamo solo io e Khalifa perché sia Maria Pia che Aziz sono dovuti partire prima del previsto. Khalifa mi chiede il Corano, lo prende in mano e comincia a leggerlo tra sè. Poi si rivolge a me in libertà dicendo: “Noi crediamo che Gesù sia un profeta, figlio di Maria Vergine e nato dallo Spirito Santo, ma non figlio di Dio”.
“La tua posizione è comprensibile, -gli rispondo – è la stessa che avevano gli apostoli prima di quel mattino di Pasqua di 2000 anni fa, ma quel giorno hanno visto qualcosa che andava oltre la loro immaginazione, un miracolo straordinario che univa indissolubilmente Gesù al Padre: la resurrezione. Del resto il miracolo ha fatto sempre parte dell’attività di Gesù e anche degli apostoli, dopo che ricevettero lo Spirito Santo.”
L’appuntamento di oggi era previsto inizialmente per lunedì ma il cliente l’aveva poi voluto spostare a stamattina. L’azienda si trova nella zona industriale di Carpi. Quando arriviamo, davanti al cancello dell’azienda c’è una garzetta. Fa qualche passo in avanti come se volesse entrare anche lei, poi vedendoci arrivare si alza in volo.
Il responsabile che incontriamo ci fa capire subito che non c’è lavoro per noi, ma scopriamo che abbiamo una conoscenza in comune. Aveva lavorato infatti in un’azienda insieme ad una nostra ex dipendente: Alice. E Alice aveva fatto la stessa università che ora Khalifa frequenta. Penso che devo farli incontrare. Intanto rivolgendosi a Khalifa gli dice : “Dunque tu ti occupi del brand”. Ma mentre rientriamo lungo la strada vedo le indicazioni per Gargallo.
E’ molto tempo che non passo dal luogo dell’apparizione della Mamma della Pace. Abbiamo giusto una mezz’oretta. Trovo la strada con qualche esitazione. Avrei voluto fermarmi un po’ prima e fare le ultime decine di metri a pedi ma un camion dietro di me mi costringe ad arrivare proprio sul punto della stele.
Il luogo è tenuto bene e sul ciglio della strada c’è una cosa che non ricordavo. Una pietra nera appoggiata per terra con un crocifisso sopra e tanti fiori intorno. Poi un cartello che dice: “Lo sai che in questo punto il cuore di Gesù ha versato sangue 14 volte?”
Poco dopo nella campagna intorno a noi bellissima e deserta, spunta un furgoncino che si ferma vicino alla nostra auto. Ne scende un signore con una lampadina portatile e borraccia d’acqua e si dirige sul luogo della pietra. Fissa la lampadina sulla ringhiera, innaffia le piante e i fiori. Mi avvicino e gli chiedo : Lei crede a queste essudazioni? Certo mi risponde. Ma le ha viste mentre accadevano? Si. Mi può raccontare? Se vuole.. Ma è una storia lunga.. Non si preoccupi – gli dico – sono venuto apposta..
“Vede, questo è il punto più santo di questo luogo, proprio sotto questa lapide, nel terreno, la Madonna aveva detto al veggente Varini che avrebbe trovato un tesoro. I fedeli saputa la cosa scavarono tutto qui intorno credendo di trovare uno scrigno pieno di soldi.. Ma tutto quello che trovarono fu un piccolo foglio di carta sgualcito e vecchio con l’immagine del cuore misericordioso di Gesù. La Madonna disse al Varini (che mori qualche anno dopo) di custodirlo all’interno di una teca di onice verde da costruire apposta e che misero qui come da indicazioni della Vergine. Da allora proprio dal centro del cuore zampillarono fuori delle gocce di sangue.. Per 14 volte appunto.. Tra il 1984 e il 1986.”
Il signore che mi parla è il custode del luogo e si chiama Generoso . Gli chiedo se può farmi vedere quella teca. “Non posso perché non l’ho più, ora la conserva una famiglia cui il Varini l’aveva prestata e che non l’ha voluta più restituire. Ma se vuole le posso far vedere una foto“. Cosi dopo una preghiera comune, ci incamminiamo verso la sede dell’Associazione “Mamma della Pace” un posto dove la Mamma e suo figlio sembrano aspettarci.
La foto, un ingrandimento 60×40 in bianco e nero, è appoggiata su un mobile della sala interna. Ritrae un rivolo di sangue che si rapprende a contatto con il vetro dello scrigno. Altre macchie qua e là più chiare descrivono le scie lasciate dalle precedenti essudazioni. Tutto sembra partire a raggiera da un punto centrale dove (ormai non si vede più) è ritratto il cuore di Gesù. L’impatto con l’immagine è forte. E’ l’ultima lacrimazione, la 14-esima del 1986.
La Chiesa ha definito che in quel luogo non si è avuto nulla di soprannaturale. Nè apparizioni nè miracoli. Generoso chiede a noi se non è possibile un miracolo più grande: far scaturire del sangue da un piccolo pezzo di carta! Ma anche se dopo questo giudizio e la morte del veggente nel 1993 il movimento si è affievolito, la Madonna avrebbe assicurato che un giorno quel luogo sarebbe stato pieno di gente. Guardo Khalifa mentre prende tra le mani il libretto dei messaggi della Mamma e una copia di quell’incredibile foglietto. Facciamo il viaggio di ritorno fino all’ufficio quasi in silenzio.
Quando siamo a pranzo chiedo a Khalifa : “Cos’è il brand?”. Khalifa incespica una risposta, è la marca, l’identificazione, che differenzia un prodotto da un altro dello stesso tipo. La marca fa risalire il prodotto al produttore con un semplice segno: il marchio. Ma qual’è allora il nostro marchio?
Prima di dare una risposta siamo a prendere il caffè con Alice la cui azienda è vicino alla nostra. C’è gioia ed entusiasmo in quell’incontro. I ragazzi si scambiano le impressioni sul lavoro e Alice è prodiga di consigli per Khalifa. Lui sembra alla fine un pò frastornato da tutte le cose successe. Rientriamo là da dove siamo partiti. Ci sediamo nelle nostra sedie di lavoro ed ecco arrivarmi una telefonata. Mia madre mi avverte di andare subito da lei e da mio padre. Papà infatti dalla mattina ha cominciato a perdere sangue dalla vescica.
Quando arrivo a casa dopo un’ora e mezza di viaggio, lo trovo seduto sul letto in pigiama con un sacchetto di plastica in mano pieno di sangue scuro. Il letto e i bagni sono pieni di tracce lasciate qua e là, segni della sofferenza iniziata nelle ore precedenti. Devo portarlo di corsa all’ospedale di Milano dove era stato operato l’ultima volta. Ancora due ore di viaggio, al mio fianco mio padre soffre e versa sangue nel recipiente in maniera lenta ma continua. Finalmente all’ospedale i medici praticano i lavaggi. Certo, mi dico, il lavaggio del corpo attraverso acqua , cloruro di sodio per esattezza, e sangue.
Ed acqua e sangue continuano ad uscire dal suo corpo e a riempire sacche ora non più così contenute ma da 5 litri ciascuna. Mentre aspetto seduto nella sala apposita, il monitor delle informazioni scrive : “Per donare non serve digiunare.” Parlava del sangue naturalmente. Alle 11 di sera quando lasciamo papà sono già 10 litri. Prima di andare via passo dalla Cappella dell’ospedale e mi siedo in preghiera. All’uscita mi aspetta l’immagine del costato ferito di Gesù.
Il segno, il miracolo che Khalifa aveva chiesto era arrivato ed aveva marchiato la nostra giornata. Anzi ci aveva inondato come era successo sotto la croce al soldato romano che aveva trafitto il cuore appunto di Gesù . Una conversione istantanea, la sua, che gli farà dire appunto : “Costui era veramente Figlio di Dio!”