L’eternità è in agguato nell’apparenza del suono.
Lo testimonia la musica del compositore estone Arvo Part. Poche note e lo riconosci al volo. Grandezza di un marchio personale e, in parte, suo limite. Il suo stile lo hanno definito tintinnabulum: “fuga verso una libera povertà”. Fissare una nota-perno e attorno muovere altre linee con libertà. Una voce procede principalmente a gradi congiunti, mentre la seconda voce usa solo i suoni della triade.
Parole troppo tecniche? Semplifichiamo. Mezzi ridotti al minimo: una scala, un arpeggio, accordi ribattuti. L’abc della musica, il quaderno delle elementari: aste e occhielli, per imparare a scrivere. È più chiaro? Come un cerchio: perfetto, semplice, conchiuso, finito. Eppure, per calcolarlo e definirlo, ci si imbatte nel “Pi greco”, un numero irrazionale che sfugge a ogni tipo di calcolo.
Continue ripetizioni, in Part, come il rosario, come le litanie, ma anche come un mantra, un tic. Altro paragone. Come le icone russe: loro ti vengono incontro, non il contrario, loro sembrano guardarti, non sei tu a guardare loro. Per Arvo Part il silenzio è più importante dei suoni.
Come riempire il tempo di note che siano degne del silenzio che le precede? Questa è la sua maggior preoccupazione.
«Il silenzio non ci è meramente dato, noi ci nutriamo di esso e questo nutrimento non è meno importante della stessa aria che respiriamo. Oggi siamo assediati dal superfluo, non c’è più distanza tra noi e le cose, non c’è lo spazio vuoto: la musica può aiutarci in questo discernimento».
Il brano Summa usa il testo latino del “Credo”, rigorosamente sillabico: ogni nota ha la sua sillaba. Le dodici note del gruppo tematico rappresentano il numero degli apostoli, le 42 ripetizioni indicano le generazioni da Abramo a Cristo. L’accordo vuoto conclusivo simboleggia l’eternità d’Iddio.
Arvo Part – Comporre musica levando il superfluo