Veniamo da una giornata abbastanza lunga, quella di ieri, chiusasi con la visita di due uomini di un’azienda di Sasso Marconi, un manager e un ingegnere, che sono venuti ad incontrarci nella nostra sede di Via Cattaneo per conoscere la struttura e la missione del nostro ufficio, e capire se possono esserci le condizioni di un’eventuale futura collaborazione con loro, che sono evidentemente in un periodo problematico, in cui la concorrenza d’oltreoceano è dura da battere, specie nelle condizioni del mondo del lavoro di un Paese come il nostro, in retromarcia.
Ma oggi è un altro giorno: siamo diretti verso Casumaro, in provincia di Ferrara: alle 8.30 di mattina abbiamo già di che raccontarci: io di un treno in ritardo e una coincidenza presa al volo grazie ad una corsa degna del miglior centometrista, Stefano di un incontro inaspettato in stazione a Modena, che gli ha permesso di prendere un caffè in compagnia di un amico e sua figlia.
Siamo in viaggio, il tragitto per Casumaro è particolare, attraversiamo posti e strade dai nomi altisonanti, tra cui Cadecoppi, Camposanto, Via del Cristo, con la trattoria omonima; costeggiamo il ristorante-hotel Le Cardinal, poi il caseificio sociale Le Quattro Madonne, per giungere finalmente a Casumaro e subito sbagliare traversa per la nostra meta. Io penso subito alla retromarcia, per tornare in rotta, ma Stefano è tranquillo e fiducioso: “Andiamo avanti”, mi dice, ed effettivamente possiamo subito rimediare, appena 500 metri più avanti, dove la svolta successiva presenta una nicchia di Maria all’angolo della strada, con un lumino acceso, come ad indicarci la strada.
La tematica religiosa ha occupato buona parte della nostra chiacchierata mattutina: ho raccontato a Stefano dei miei primi approcci alla religione cristiana, quasi scontati e doverosi, data la vicinanza della mia casa alla chiesa madre del paese natìo, l’ambiente familiare credente e praticante, e soprattutto una figura decisiva, in quanto “ingombrante”, come il nostro parroco di quegli anni. La sua visione all’antica del mondo e della religione, da vivere per il credente nella totale e costante paura del peccato, aveva pervaso, mutato e oserei dire traviato l’adolescenza di molti bambini e ragazzi miei compaesani, compreso me, che “potevo addirittura vantare” di essere stato per diversi anni il suo chierichetto preferito (per servire le messe domenicali, e a volte anche infrasettimanali, le funzioni particolari quali matrimoni, funerali e novene), nonché l’addetto alla programmazione del computer che gestiva il suono delle campane durante il periodo estivo, dovendo puntualmente entrare ogni sera da solo nella chiesa buia e silenziosa.
Un’esperienza non troppo piacevole, specie nel ricordo; il mio allontanamento dalla Chiesa e dalla religione era quasi ovvio. A ciò ho poi aggiunto la mia successiva e progressiva ricerca nello studio e nell’interrogazione dubbiosa tante possibili spiegazioni ai diversi credo religiosi, e ciò mi ha portato a distanziarmi da verità dogmatiche, preferendo la tolleranza, la diversità e la ragione. Prova ne è stata la tesina del diploma di maturità sul rapporto Uomo-Assoluto affrontato da personalità filosofiche e letterarie tra ‘800 e ‘900, nonché la tesina di laurea triennale in Storia Moderna sui fondamenti teologici della Riforma Luterana.
Avevo voglia di capire, di scendere a fondo, di scandagliare il più possibile la tematica più scabrosa, più logorante e sicuramente più ricorrente della nostra esistenza terrena come uomini: Dio esiste?
Stefano mi dice che molte delle persone arrivate alla Spei hanno avuto una giovinezza o comunque un’esperienza passata in cui personalità ecclesiastiche si sono dimostrate poco efficaci, anzi controproducenti, nella loro missione evangelica e apostolica, riuscendo addirittura ad allontanare dalla Chiesa cattolica, e probabilmente dalla religione tout court, le anime della loro comunità.
Queste stesse persone, però, ad un certo punto della loro vita si sono fermate a riflettere, sono tornate indietro a rivedere alcuni aspetti della loro esistenza, materiale ma soprattutto spirituale, hanno, come dire, fatto retromarcia…
Nel frattempo siamo giunti a Casumaro, questo piccolo borgo ferrarese, e nel grigiore di quella mattina ci addentriamo nell’azienda da visitare, apparentemente semideserta, senza la solita reception: ad attenderci ci sono comunque due ingegneri, con cui trascorriamo praticamente l’intera mattinata, per discutere di eventuali progetti e lavori da portare avanti insieme.
Tornando verso Modena, dopo una breve sosta rifocillante con brioche e caffè, parlo con Stefano delle impressioni avute proprio da quell’incontro, in una realtà aziendale particolare, un po’ fredda dal punto di vista umano, poverissima di giovani e donne, quasi a confermare l’idea che molte realtà odierne sono “vecchie”, ancorate al passato e poco propense all’investimento sui giovani talenti italiani, che, ahimè, forse sono scappati all’estero, o forse non sono stati in realtà adeguatamente formati dalle università per rispondere alle esigenze del mercato aziendale, e del mondo del lavoro in generale.
Commentiamo sorridendo, e, costeggiando nel frattempo la sempre attraente Lamborghini, con i suoi “gioielli” in bella mostra dietro le grandi vetrate di lusso, Stefano ragiona ad alta voce: “Siamo venuti qui a Casumaro, uno spezzino, e un leccese, e in un’azienda del genere non abbiamo visto neppure una persona giovane, ieri abbiamo ricevuto la visita di un manager modenese, accompagnato però da un giovane ingegnere dal marcatissimo accento siciliano…allora: dove sono i giovani del nord Italia? Sono tutti scappati via? Sono tutti già stati comodamente sistemati dalla famiglia, magari già di per sé benestante? Non riusciamo a dare una risposta esaustiva a questo lecito interrogativo.
Quello che sappiamo con certezza, tuttavia, è che proprio in questo contesto la missione della Spei si fortifica, trova spazio e ragion d’essere, prepotentemente: bisogna formare bene le risorse, di oggi e di domani: il mercato italiano ha bisogno di ragazzi e ragazze preparate, nella teoria e nella pratica, per poter far fronte in maniera precisa e puntuale alla domanda dei clienti.
La strada è lunga e dura, la concorrenza è spietata, bisogna riuscire a soddisfare un mercato che richiede conoscenze approfondite e soprattutto il rispetto puntuale dei tempi di consegna del lavoro da svolgere: solo elevando la preparazione e l’esperienza dei giovani possiamo sperare in un futuro più roseo, per noi e per tutti.
L’Italia oggi ha bisogno più che mai di poter contare su persone affidabili, preparate, all’altezza del mercato nazionale ma soprattutto europeo e mondiale, sempre più all’avanguardia, per poter reggere l’urto, e per poter parare gli inevitabili colpi e scossoni che potrebbero arrivare da tutte le parti: come succede a noi in macchina, per ben tre volte di seguito, posteggiati ormai sotto l’ufficio, alla mercè delle manovre maldestre e ostinatamente ripetute di due malcapitati al volante…manco a dirlo, in retromarcia!
Una signora che prova ad uscire dal parcheggio esattamente davanti a noi stenta infatti a trovare la manovra giusta, indietreggiando pericolosamente, e urtando la nostra auto per la prima volta in modo leggero, quasi a farci dondolare: comincio a ridere, ma il bis è subito servito. La stessa signora ci dà la conferma di essere non troppo pratica, ritenta coi suoi avanti e indietro per riuscire a sgattaiolare via dal suo posto, ma presto viene nuovamente a sbattere contro di noi. Qui io e Stefano ci guardiamo, increduli ma sorridenti. In ogni caso il peggio sembra passato, la signora finalmente riesce ad andar via. E invece ecco l’apoteosi: subito si fionda nello stesso posto un signore anzianotto con la sua Jeep, che, manco a dirlo, per sistemare bene il veicolo nel parcheggio, ci dà un colpetto d’assestamento, per la nostra auto ormai il terzo in pochi secondi: io scoppio a ridere, stavolta di gusto, Stefano cerca di contenersi, ma invano. In fondo, una bella risata in compagnia è un vero toccasana per allontanare le ansie della settimana e ritrovare un barlume di serenità in un mondo sempre più frenetico. Che probabilmente ci porterà a raccontare di un altro nostro viaggio, dopo Forlì e Casumaro, chissà in quale luogo, e lungo quale tragitto, se è vero, come recita il famoso detto, e come abbiamo appurato di persona coi nostri malcapitati al volante, che non c’è due senza tre.