Era il 1946, avevo otto anni, vivevo con i miei a Castelporziano, mio padre era un impiegato del Quirinale – racconta la signora – avevo fatto da poco la prima comunione. Una sera entrando in camera mia la trovai inondata di luce. Vidi un frate che mi benediceva con l’ostensorio. Il suo sguardo tagliente mi ha penetrato l’anima. Gli domandai chi fosse e lui rispose: “Padre Pio da Pietrelcina”. Ripetei altre due volte la domanda e infine, la terza volta, mi disse: “Sono un frate che prega, un giorno mi conoscerai”». Irene racconta queste esperienze con la stessa tranquillità e sicurezza con cui descrive ciò che ha fatto ieri mattina.[1].«Quel giorno Padre Pio mi disse che mi sarebbe stato sempre vicino, che mi avrebbe protetta – racconta -. Soltanto nel 1957 vidi per la prima volta una foto del frate stimmatizzato di San Giovanni Rotondo, e mi resi conto solo allora che era lo stesso che vedevo io.
Padre Pio mi è apparso tantissime volte, per affidarmi delle missioni: dovevo proteggere delle persone, aiutare una mamma in difficoltà i cui figli rischiavano di morire dal freddo, portare conforto. Era lui a indicarmi cosa fare, come, dove e quando. Un giorno mi disse: “Ti condurrò all’apice dell’alta aristocrazia perché tu possa capire come sono miseri e poveri di spirito”. Aprii una sartoria in via Frattina a Roma, “Irene Alta Moda” e venni in contatto con le grandi famiglie romane. Un lavoro che mi ha permesso di aiutare tante famiglie in difficoltà e tante prostitute che volevano cambiare vita».
«Il 29 marzo 1966, durante un pellegrinaggio, mentre assistevo alla messa celebrata da Padre Pio, avvertii la sua voce che mi diceva: “Alzati vattene a pigliá quello che dorme e portamelo a confessare”. Mi fece vedere un pullman di colore azzurro. Uscita di chiesa, feci tre chilometri a piedi, fino all’inizio del paese. C’erano dei pullman, dentro uno vidi un giovane che dormiva. Gli dissi di andarsi a confessare, e lui: “Io? Sono comunista! Non vado a confessarmi”. Lo seguii, lo incontrai a Roma, lo aiutai a prepararsi alla confessione. Lui si era invaghito di me, ma io volevo farmi suora francescana. Ma Padre Pio mi disse: “Sposati per adempiere alla volontà di Dio, benedico il tuo matrimonio”. E così è stato».
Irene Gaeta è in grado di raccontare centinaia di grazie e presunti miracoli che hanno per protagonista il santo frate. Ancora oggi lei continua a ricevere innumerevoli segnalazioni e richieste, che puntualmente trasferisce nella preghiera a quel burbero frate che ha «visto» fin da bambina e con il quale ha continuato ad avere uno specialissimo legame. «Quattro anni fa mi ha chiesto un santuario in Calabria. Un santuario, vicino a un ospedale pediatrico, con un centro di ricerca e un villaggio per i sofferenti». Un’impresa titanica, per una donna anziana e ormai vedova. Eppure… «Io mi sono rimboccata le maniche, confidando solo nella Provvidenza e nella parola di Padre Pio. In un anno abbiamo raccolto due milioni di euro e abbiamo già comprato il terreno dove iniziare i lavori, nella pianura sopra Tropea, in provincia di Vibo Valentia».
L’incredibile storia di Irene è solo una delle tante che si possono scoprire nella galassia dei devoti del frate cappuccino. Forse lei è la persona giusta alla quale porre la domanda che in tanti si sono fatti in questi giorni: perché così tanta gente accorre a San Giovanni Rotondo? Perché questo incontenibile affetto? Perché già quasi un milione di prenotati per sfilare davanti all’urna che rimarrà esposta – ha detto il vescovo D’Ambrosio – fino al 23 settembre 2009? «Si avverte la sua grande paternità – risponde con un sorriso Irene -. Padre Pio si fa carico delle sofferenze di ogni anima. Lo faceva su questa terra, continua a farlo dal paradiso. Dà ancora speranza, è uno specchio del volto di Gesù, ci porta a donare la vita al Signore, a pregare per la conversione a fare penitenza».
<<Ecco come quel frate dirige la mia vita da quando ero bambina»