CI SONO BRAVI RAGAZZI CHE CREANO VALORE

Gianni è un mirandolese doc, sposato con due figlie e un nipotino. Si è diplomato come elettrotecnico durante la crisi del ’69 – ’70, facendo tanti lavori e lavoretti, tra cui il postino. Dopo dieci anni come designer di funivie venne assunto dalla Dideco, che aveva bisogno di un tecnico. Ha lavorato con la Spei nei suoi ultimi due anni da dipendente Sorin, prima di andare in pensione.

 

 

Come ha conosciuto la Spei?

Lavoravo alla Sorin, ero progettista meccanico, facevamo attrezzature. Usavamo il CAD 3D, utilizzando Pro-E. M’erano state segnalate alcune ditte, tra cui la Spei, che avevano dato disponibilità per disegnare con noi. M’ero interessato per una collaborazione, la Spei utilizzava il nostro programma di disegno.

Da chi le era stata segnalata la nostra ditta?

Dal mio ex capo, che aveva cambiato settore, spostandosi dall’Attrezzatura alla Ricerca. Era stato lui a segnalarmi quelle tre ditte. Si chiamava Zaniboni, è ancora in Sorin. Non so da chi lui avesse avuto il vostro nome, le ditte comunque si presentavano per collaborare… Comunque un giorno arrivò Pesaresi da me, era stato chiamato proprio dalla Ricerca. Da quel momento ho cercato di fargli avere dei progetti.

Che anno era?

Sarà stato il 2006, due anni prima che io andassi in pensione… Pesaresi era venuto a fare il colloquio con una ragazza, Valentina, che era alle prime armi; vedevo che aveva bisogno di aiuto: conosceva il programma, però di progettazione inerente al biomedicale non sapeva niente. Per questo la affiancai volentieri, per aiutarla nei passaggi più difficili, cercando di superare le incognite che si presentavano di volta in volta.

Al vostro colloquio parlaste esclusivamente di lavoro?

Sì.

La Spei era l’unica ad utilizzare Pro-E?

No, c’erano anche degli altri. Ricordo una ditta di Massa Finalese, l’ingegner Sorbini, che lavora alla ______. Erano allo stesso di livello di Pesaresi, ma lui era più bravo con Pro-E.

Perché ha scelto la Spei?

Ho visto che erano persone con le quali si sarebbe potuto collaborare bene. Valentina mi rimase subito simpatica: avendo anch’io cuna figlia che faceva fatica ad inserirsi nel mondo del lavoro, capivo bene la sua situazione; per inserire i ragazzi lavorativamente bisogna aiutarli. Ho cercato anche di minimizzare su qualche suo errore di progettazione, proprio perché valeva la pena di aiutarli. I capi erano meno sensibili, quando uno sbagliava erano subito pronti a cambiare persona: io cercavo di proteggere Valentina e allo stesso tempo far sì che il lavoro venisse svolto bene, ecco.

Lei era il responsabile dell’ufficio tecnico?

No no. L’ufficio tecnico gestiva dei progetti, ed ogni progetto veniva assegnato a dei tecnici; ecco, sul progetto ero responsabile, dunque sceglievo io a chi commissionare lavori, naturalmente sotto la supervisione del capo. Però quando dicevo che una persona andava bene, era mia la parola.

Quanto avete lavorato con la Spei?

Secondo me un paio d’anni, sia con Pesaresi che con Valentina. Loro due stavano in un ufficio a lavorare sul loro progetto, e ogni tanto presentavano quello che avevano prodotto, per aggiornarci sull’avanzamento del lavoro. Siamo andati insieme anche nelle officine meccaniche, li avevo inseriti anche nella realizzazione del prodotto. È stato un bel periodo, a me è piaciuto molto. Credo che quando andai in pensione, nel 2007, Valentina fosse stata tenuta dalla Sorin, per fare manualistica. Non so se adesso collaborano ancora…

Ora Valentina è dipendente della CNH, ma ha lavorato molto come Spei prima di accettare di farsi assumere…

Aveva un certo affetto per Pesaresi e la Spei, era molto legata. L’ho vista l’anno scorso con la sua bimba, a Mirandola… Era una ragazza solare. Appena andai in pensione, caldeggiò perché venissi alla Spei e fare qualcosa, per non perdere i contatti. Era stata lei a caldeggiare con Pesaresi questa collaborazione. Ero andato qualche volta…

Che tipo di collaborazione?

Non ho capito bene. Dovevo affiancare un ragazzo che non aveva esperienza.

Una sorta di volontariato?

No no, dovevo essere pagato. Avevo dato la mia disponibilità, ma poi non se ne fece niente. Probabilmente Pesaresi credeva che potessi portare delle commesse dalla Dideco, ma la cosa non è avvenuta, non mi hanno più chiamato. Insomma, potevo essere un collegamento con la Sorin, che non c’è più stato.

Come si chiamava il ragazzo cui insegnava?

Diego Filippini, giovane, bravo. Lui disegnava e io l’affiancavo in ufficio. Ho fatto quattro o cinque giornate, qualche pomeriggio alla Spei. Poi la cosa si esaurì. A Natale Pesaresi mi aveva chiamato, perché ai suoi clienti offriva una cena; ero stato invitato anch’io assieme a quelli della Sorin. Andammo in un ristorante a Bologna, un bel posto, fece proprio una bella figura. Poi non ho più sentito la Spei, a parte una volta durante un caffè a Mirandola con Valentina, quattro o cinque anni fa, in cui riprovammo a collaborare; anche in quel caso, non c’erano commesse che potessi offrire perché, dopo la pensione, la Sorin con me aveva chiuso.

Lei come si trovava con Pesaresi?

Bene, bene, persona squisita. Un vero signore, anche di modi.

Pesaresi è una persona molto religiosa, siete mai entrati nell’argomento?

Mai parlato di religione! Anzi, imparo adesso che è religioso. Parlavamo di lavoro, era estremamente capace, conosceva benissimo il programma di disegno, era sempre aggiornato. Intenzione della direzione, però, era smantellare completamente il nostro ufficio tecnico, facendo apposta a non dare supporti per essere bravi operatori. Conveniva un ufficio tecnico esterno che facesse il lavoro in toto, da chiamare solo nel bisogno, così da tagliare i costi. Quindi motivi economici: sotto un certo punto di vista funziona, sotto un altro no: ci sono bravi ragazzi che se li metti a lavorare creano valore dentro l’azienda.

La Spei nacque come srl nel 2000. Cinque anni dopo rischiò di chiudere, per vari motivi, e Stefano si convertì. Valentina fu la prima dipendente Spei ad essere assunta a tempo indeterminato nel “nuovo corso” della ditta. Stefano la prese senza avere pronta nessuna commessa di lavoro per lei…

Secondo me la prima commessa gliela diedi io.

Infatti.

Io m’ero accorto di questa cosa… Sono abbastanza sensibile. Me n’ero accorto da come si guardavano loro due, quella debolezza che aveva lei… Avevo capito che avevano bisogno. Non è che li scelsi perché erano dei fenomeni, ma perché avevano tutte le capacità per fare un bel lavoro. Avevano bisogno di ripartire: Valentina perché era appena arrivata a Modena e si vedeva che era disposta al sacrificio; inoltre aveva una simpatia innata. Si vedeva che entrambi erano orgogliosi di poter lavorare per la Sorin, un bel posto, un bell’ambiente. Mai avuto uno screzio con loro, il nostro era un rapporto di amicizia, si può dire… Se il lavoro non è fatto di relazione, progettare diventa la cosa può triste del mondo. Con una persona antipatica non si riesce a collaborare…

Di spiritualità neanche Valentina parlò mai? Erano entrambi molto religiosi. Il fatto che lei li chiamò fu vissuto da loro come una sorta di miracolo.

Li chiamai subito, avevo un’attrezzatura da fare. Quello che dici mi fa molto piacere: quando uno è a terra, ha bisogno di un appiglio. Sono contento di essere stato io ad averli appoggiati al 100%, proprio perché cercavo gente che parlasse il nostro stesso linguaggio: trovavo assurdo che la direzione facesse quello che stava facendo, si vedeva lo smantellamento dell’ufficio, del mio stesso ruolo. Ecco perché forse mi decisi subito a prenderli… In più vedevo in loro molta carica per lavorare.

La Spei, dal 2008, fece un ulteriore passo avanti nel cambiamento. Tornato da Medjugorje, Pesaresi affidò la ditta a Maria, chiedendole di fargli incontrare le persone giuste, fossero dipendenti o clienti; dovevano essere “mandati”, non più scelti.

Maria quale Maria?

[indico in alto]

Oh…

Di fatto Stefano non fece più selezioni del personale, e il primo incontro fu in strada, con un marocchino, Aziz, cui insegnò tutto, compreso ad accendere il computer.

Pensa te che evoluzione. Mi dici delle cose che non avrei mai pensato.

[racconto del mio lavoro]

Come fate a lavorare?

Quando gli imprenditori capiscono chi siamo e vogliono darci una mano, assumendosi parte del carico.

La gente va seguita. Fa errori se viene lasciata allo sbando. Ho un bel ricordo della Spei: degli uffici tecnici è stato quello con cui siamo andati bene. Non cercavo il fenomeno, come non li cerca Pesaresi, ma qualcuno che collaborasse, e loro lo facevano benissimo.

04/06/2015