DELLE COSE SONO SUCCESSE

Rocio ha trentacinque anni ed è boliviana. Vive in Italia dal 2003, dove giunse da sola per raggiungere alcuni dei suoi parenti. Dopo aver iniziato a lavorare come donna delle pulizie, venne assunta come dipendente dalla Spei, dove rimase fino al 2010. Convive con Francesco, un ragazzo siciliano, e ha un figlio di poco più di tre anni.

Come e quando hai conosciuto la Spei?

Tra la fine del 2005 e il 2006: una mia parente faceva le pulizie nella casa di [Emanuela Bruzzese], la moglie del dentista di via Cattaneo, uno studio di fianco a quello della Spei. Venne a sapere che Stefano cercava qualcuno che pulisse il suo ufficio, così venni presentata. Alla Spei ero impegnata nelle pulizie una volta a settimana, lavoravo il venerdì sera o il lunedì mattina. Successivamente cominciai a pulire anche la casa di Stefano e [Francesca], sua moglie, fino a quando non venni assunta direttamente dalla Spei.

Hai sempre lavorato come donna delle pulizie?

No… Nel 2007 l’addetta al marketing della Spei, [Alice], si licenziò, così Stefano, che ormai mi conosceva bene, mi propose di lavorare al computer. Accettai. Ero già stata assunta mesi prima come donna delle pulizie. Stefano mi cambiò il contratto, così diventai apprendista a giornata piena da spendere alla CNH di Modena: lo stesso giorno ero in quella ditta a lavorare con altri due colleghi della Spei, [Samir] e [Gabriele]: rimasi lì un anno.

Cosa facevi al computer?

Inserivo i codici di PRO-E in un database. Era una mansione molto semplice, che qualcuno doveva fare.

E dopo l’esperienza alla CNH?

Lavorai alla Sorin di Mirandola, quando [Souad], la moglie di [Aziz], si licenziò per stare più tempo in famiglia. Lavorai in quella ditta con altri colleghi Spei: [Serena], [Andrea], [Aziz], e infine [Baldassarre]. Andava tutto molto bene, fino a quando cominciammo a sentire la crisi economica.

Come la affrontaste?

Per un periodo accettai di dimezzare le mie ore lavorative, fino a quando non saltò fuori per tutti l’opzione della cassa integrazione. Già prima che molti dipendenti accettassero questa soluzione, avevo deciso di dimettermi, perché non mi sembrava giusto prendere soldi dalla Spei senza fare niente.

Che rapporto avevi con Stefano?

Io e Stefano eravamo più amici che colleghi. Dimettermi era stato un modo per aiutare sia lui che la Spei, e anche un modo per allontanarmi da certi colleghi con cui non mi trovavo bene [Serena, Andrea, Aziz]. La Spei è un luogo di passaggio, quando arriva il momento bisogna andarsene: soprattutto quando si capisce di essere un peso per Stefano, e che la Spei non ce la fa più.

Cosa hai fatto dopo il licenziamento?

Ripresi a fare tutto il giorno quello che facevo prima, le pulizie. Durante gli anni della Spei avevo continuato a pulire la casa di Emanuela. Dopo le dimissioni mi dedicai solo a quello, e ad altre case, per due mesi. Ero felice, e anche adesso, dovessi perdere il mio lavoro, sarei disposta a rifare quel tipo di vita. In quel periodo comunque mi guardavo intorno: volevo cominciare un corso per OSS, ma ero indecisa. [Francesco], il compagno con cui convivo dalla fine del 2006, mi spingeva ad iscrivermi: voleva che trovassi un lavoro da dipendente. Nello stesso periodo avevo adocchiato anche un corso per diventare assistente alla poltrona di un dentista. La mia indecisione aumentava, ma non dovetti arrivare a scegliere: Emanuela mi propose di essere assunta nello studio dentistico del marito per lavorare sia come assistente che come segretaria… Mi conosceva da anni, e alla Spei avevo imparato ad usare il computer, e la vita d’ufficio!

In che anno sei stata assunta dallo studio dentistico?

Sempre nel 2010, due mesi dopo le mie dimissioni dalla Spei. Il fatto strano è che, poco dopo esser stata assunta da Emanuela, rimasi incinta. Era dicembre, e il bimbo nacque nell’agosto 2011. Fino al febbraio successivo rimasi a casa, in maternità.

E adesso?

Dopo due anni di apprendistato come assistente alla poltrona, ho un contratto a tempo indeterminato nello studio dentistico…

Sei credente?

Sono molto credente, ma non praticante. Andavo moltissimo a Messa e in parrocchia quando ero piccola, in Bolivia, ma in Italia ho perso la pratica… Prego a casa.

E il tuo compagno?

Anche Francesco crede, ma non va a Messa. Però c’è stato un periodo in cui ci andavamo ogni domenica.

Alla Spei era cambiato qualcosa in te?

Stefano dice sempre che alla Spei si arriva per essere migliorati, sia come persone che come lavoratori… Lui stesso è cambiato, è quello che è cambiato più di tutti! Ho vissuto il periodo in cui si cominciava a pregare insieme, se non ricordo male il lunedì mattina: lavoro e preghiera. Ricordo che nessuno voleva farla, soprattutto [Alessio].

E tu?

Io sì e no… Sembrava una cosa obbligatoria. A volte Stefano sbagliava i modi, e ci litigavo: sembrava che fossimo pagati per pregare. Gli voglio molto bene, e fino a un certo punto il suo è stato un bell’esempio di spiritualità, fino a quando non esagerava. E succedeva spesso.

Hai imparato qualcosa?

Pregare e sapere che Dio e la Provvidenza agivano ogni giorno erano cose che già sapevo: il grande guadagno della mia esperienza alla Spei è stata l’amicizia di Stefano.

Quando sei andata via dalla Spei, la tua vita era cambiata?

La mia vita era molto cambiata, ma non per merito di Stefano – che è comunque molto importante per me, come un parente. È cambiata per merito di Dio. In quegli anni ho trovato una grande amica, [Valentina Accardi], proprio dentro l’ufficio. Anche oggi siamo inseparabili, comprese le nostre famiglie. Lei è molto credente. Cominciai a frequentarla, compresa la sua cerchia di amici; e proprio in quel periodo trovai Francesco, il mio ragazzo, da cui, come ho detto, è nato mio figlio. Delle cose sono successe!

10/02/2015