Diplomata in ragioneria con specializzazione in commercio estero, Susanna ha quarantott’anni ed è sposata dal 1994. Ha lavorato per quindici anni in una ditta di arredamento per uffici assieme alla sorella Luana, fino a quando l’azienda non è fallita. Negli uffici Spei è entrata per la prima volta nel dicembre 2011, in occasione della festa natalizia dei dipendenti.
Come sei arrivata alla Spei?
Ho iniziato nel febbraio del 2013. Mia sorella [Luana], che lavorava alla Spei da un anno, mi disse che stavano cercando qualcuno nel settore marketing, e così fece il mio nome. Mi mise in contatto con Stefano e feci il colloquio: Stefano disse che avrebbe lasciato tutto “alla Provvidenza”…
In che senso?
Stavo facendo un corso organizzato dai sindacati per imparare a lavorare sulle denunce dei redditi… Stefano disse che se quella fosse stata la mia strada avrei dovuto prenderla, in caso contrario sarei tornata alla Spei. Finito il corso non venni contattata per un’assunzione – immagino di non essere stata scelta – così sono ritornata da lui – a dir la verità ero già stata negli uffici Spei prima del colloquio, l’anno prima, durante una delle feste che si fanno ogni anno a Natale: mi aveva invitata mia sorella, conobbi Stefano la prima volta in quell’occasione.
Prima del colloquio, sapevi già che tipo di ambiente fosse la Spei?
Sì, Luana mi aveva accennato qualcosa, ma nulla di specifico. Ero arrivata per questioni lavoro, non per il “discorso fede”: ero disoccupata, c’era un’opportunità alla Spei, così sono venuta. Stefano mi aveva spiegato il lavoro, che era praticamente lo stesso che avevo fatto per quindici anni nella ditta precedente.
Che impressione ti fece il colloquio?
Capii che Stefano aveva la visione di una Spei che dovesse aiutare gli altri in fatto di fede – non solo nella fede, comunque la centralità era quella. Il suo fu un discorso abbastanza generale, e mi spiegò qual era il compito della ditta – tutte cose che continua a spiegarmi anche adesso. La cosa che “mi prese” subito fu il fatto che cercava qualcuno nel settore marketing, il mio lavoro.
Caso strano il tuo… Quando la Spei ha bisogno di un disegnatore non assume un disegnatore, quando ha bisogno di un commerciale non assume un commerciale.
Sì. Si vede che in quel momento cercavano proprio uno del marketing. Luana ha chiesto, ho fatto il colloquio e sono stata presa: la mia assunzione è stata abbastanza mirata in quel momento.
Stefano direbbe “provvidenziale”. Secondo te perché ha assunto te e non qualcun altro?
Onestamente non lo so… Non me lo sono mai chiesta, a dir la verità. Forse ne aveva semplicemente bisogno, o non gli è capitato nessun altro… Non lo so. Comunque mi aveva detto: <<Se non ti scelgono a far le denunce dei redditi vuol dire che la Provvidenza e la Madonna hanno deciso di farti venir qui>>.
Quindi sei arrivata anche tu…
Esatto [sorride, ndr]. Quel discorso me lo fece proprio durante il colloquio, e mi colpì molto: non avrebbe deciso lui, ma gli eventi. Luana mi aveva parlato della Spei, ma non tanto: sapevo solo a grandi linee che cosa fosse.
Tu sei credente?
Facevo anche la catechista… Poi sono capitati degli eventi – questo Stefano lo sa – che mi hanno allontanato un attimino: in pochi anni ho perso un fratello e il padre… Stefano mi ha sempre detto che ero “quella da convertire” [sorride].
I lutti sono cose che vanno messe in conto.
Mio fratello era malato di cuore, doveva operarsi per risolvere il suo problema, ma è morto in un incidente stradale. Morire così – sulla tangenziale, a ventisette anni – non ha senso. Se avevo qualche speranza, l’ho persa. C’è chi trova consolazione o conforto nella fede, io onestamente non ci riesco, non mi capacito della questione. Ho perso la fede.
Credi che alla Spei ti abbia mandato Maria?
Secondo me è contato più il fatto che sapessi lavorare. Avevo poche speranze che il corso che stavo seguendo mi avrebbe portato ad un nuovo lavoro, era davvero poco probabile: in quel giro contavano molto le raccomandazioni, e io non le avevo. Non sarei stata scelta sicuramente. Ho lasciato che le cose andassero come dovevano andare… Pensavo che il fatto di dimostrare che avrei saputo fare il mio lavoro, alla fine avrebbe confermato la scelta fatta su di me. Non ho dato per scontato che dovessi rimanere alla Spei, ho sempre avuto l’idea di dover far vedere che il lavoro sapevo farlo. [pausa] Sarà stata anche la Provvidenza, ma il lavoro che mi è stato proposto era quello che ero in grado di poter fare.
Non avesse chiuso la tua ex ditta, non saresti mai arrivata…
L’esigenza è venuta fuori da quel fallimento: tutti i dipendenti furono licenziati. Se non ci fosse stato il licenziamento, sarei rimasta vita natural durante dov’ero, non avrei mai avuto l’idea di cambiare.
Eri in crisi finanziaria?
No, mio marito per fortuna guadagna bene, e non è lo stipendio della Spei che mi cambia la vita. Lavorare è una mia esigenza, quella di essere indipendente. Già da ragazza non volevo pesare sui miei genitori a livello economico, così iniziai subito a lavorare, rinunciando all’università. Tutto quello che ho fatto nella mia vita – l’automobile, il matrimonio… – l’ho fatto perché potevo permettermelo, perché me lo sono guadagnata senza chiedere mai prestiti. È questo che vorrei che Stefano capisse: che lavoro perché mi piace lavorare. E il lavoro va separato dal messaggio di “speranza” della Spei: con il lavoro riesco a trovare dei clienti per la ditta e dare contemporaneamente la possibilità a Stefano di dare aiuto ad altre persone. Per me la Spei è esclusivamente “lavoro”. [pausa] Non contesto il pensiero delle persone, ognuno ha il proprio percorso, sa da dove viene e sa dove vuole andare, quindi Stefano è liberissimo di fare quello che vuole, anche con me: se non gli vado bene come persona all’interno della Spei perché pensa che io possa essere una che “crea confusione”, non ho problemi ad andarmene – mi ha detto che fino al 31 dicembre sono “in prova”… Faccio davvero fatica ad allinearmi con quello che dice.
Forse il “cambiamento” che devi fare è ritrovare la fede?
Devo tornare a credere.
È una cosa che non vuoi fare?
In questo momento, farlo sarebbe una violenza su me stessa, nel senso che ho improntato la mia vita in una certa maniera… Credo che il mio lavoro non entri in collisione col messaggio Spei, ma dovrà valutare Stefano.
Partecipi agli eventi Spei?
Non faccio volontariato con la ditta, ma dopo la morte di mio fratello ho adottato una bambina a distanza… Alle riunioni non riesco a venire perché sono al giovedì, e quel giorno ho impegni famigliari: ho chiesto mille volte a Stefano di cambiare il giorno della riunione, ma per lui è difficile, viene da lontano…
Hai detto di essere “in prova” fino al 31 dicembre. Credi che sia perché non hai fede?
Non lo so, questo bisogna chiederlo a Stefano. Lui dice che entro sempre in competizione con lui, ma non è vero. Nell’ambito lavorativo sono abbastanza “quadrata”… Al di là del “discorso fede”, so di essere in grado di portare clienti per la ditta, tutti quelli che abbiamo al momento li ho contattati io, e in un periodo di crisi come questo non è poco. Non capisco che tipo di contrasto ci sia tra noi due: mi rendo conto che se provo a dire la mia idea non va bene perché secondo Stefano, visto che sono una sua dipendente, devo pensarla come lui. Avendo una “testa pensante”, però, faccio fatica: non sono mai presuntuosa, voglio arrivare ad un punto d’incontro, ma non mi sono mai tanto arrabbiata come in questo periodo! [sorride]
Partiamo dal nostro motto, “Spei credere nel cambiamento”. C’è stato qualche cambiamento nella tua vita?
No. Visti gli ultimi attriti con Stefano sono abbastanza arrabbiata. Non so dove finisce il “discorso fede” e comincia quello lavorativo.
I due aspetti sono intrecciati, la Spei è fatta così. I dipendenti sono dipendenti perché i due aspetti sono inscindibili. Se tu trovassi da un’altra parte lo stesso tipo di lavoro alle stesse condizioni, andresti via?
Andrei via subito, onestamente. A me questo lavoro sta dando più svantaggi che vantaggi. Quando andavo agli appuntamenti con Stefano tornavo a casa con il mal di testa, perché su tutto quello che diceva ci ragionavo anche a casa… Ora però vedo un cambiamento di Stefano nei miei confronti che è esagerato.
Cosa vuole da te?
Mi ha detto che la conversione da parte mia non la vuole più, ma che dovrei fare volontariato con gli altri colleghi e venire alla riunione del giovedì. Io il volontariato non lo faccio con appuntamenti fissi, aiuto chi ha bisogno quando capita, anche in giro per strada.
Un giudizio complessivo sulla Spei?
Non è negativo, non posso darlo, perché Stefano del bene alle persone lo fa. È una frizione a livello personale. L’idea è sicuramente buona, la Spei è sua e può farne quello che vuole. Io sono la voce fuori dal coro: per me la ditta è solo “discorso lavoro”, col “discorso fede” faccio veramente fatica.
21/10/2014