29/08/2014
Filippo ha quarantadue anni, ha una doppia laurea in Ingegneria e in Teologia. Dal 2005 è responsabile della progettazione tecnica in una importante ditta meccanica di Modena. Ha conosciuto Stefano sul lavoro, sono diventati grandi amici. Modenese doc, abita nel centro storico con la moglie.
Come hai conosciuto la Spei?
Nel 2006 Stefano lavorava come consulente alla CNH, la ditta in cui sono dipendente da quasi dieci anni. Lo conobbi sul luogo di lavoro. Posso dire di aver visto crescere la sua ditta, proprio dal periodo in cui cominciò ad essere impostata in modo diverso: nel 2006 chi lavorava alla Spei era ancora scelto in base al curriculum professionale. Le cose iniziarono a cambiare dopo: col tempo iniziai a lavorare con persone “che arrivavano”. Nel giro di diversi anni, ho avuto modo di conoscere molti dei dipendenti Spei, da Aziz a Valentina, da Rosio a Mosè, da Gabriele a Stefano Verucchi.
Che impressione ti fece quel cambiamento in atto?
Rimasi colpito da un’azienda che faceva quello che faceva nel nome di Cristo, cercando di mettere in pratica concretamente ciò che è cristianamente corretto. Da credente apprezzavo molto, in poco tempo io e Stefano diventammo amici. Nel mio piccolo, quando ho potuto ho sempre cercato di aiutare la Spei: le volte che la mia ditta cercava collaborazioni esterne, provavo a mettere una buona parola per combinare con lei piuttosto che con altri. Certe volte, se mi capitavano informazioni circa ditte alla ricerca di consulenze, le giravo a Stefano. Piccoli aiuti insomma, molto poco, che ho sempre cercato di dare.
Sei mai entrato negli uffici della Spei?
Tantissime volte, andavo spesso a trovare Stefano in ufficio, prima come collega e poi come amico. Facevamo molte chiacchiere. Parlavamo di tutto, compresi dei nostri affari personali: dalle cose che andavano bene a quelle che andavano male. Eravamo accomunati dalla fede – in questi casi è molto più facile fidarsi l’uno dell’altro e condividere tutto delle proprie vite. [Una volta capitai in ufficio nel momento della preghiera comune, era un giovedì sera. Partecipai anche ad alcune iniziative “extra” Spei, qualche processione o qualche Via Crucis.]
Di cosa parlavano due amici in ufficio?
Di tante cose, compresi dei nostri problemi familiari o personali. Lui mi parlava della sua difficoltà a gestire il lavoro tra Modena e La Spezia, oppure delle questioni nuove che sorgevano con la sua ditta, dalle gioie alle preoccupazioni, ai momenti di crisi. Io facevo la sua coscienza e lui la mia. Certe volte, di fronte a situazioni andate male, Stefano tendeva a giustificarsi: era suo difetto mettersi sulla difensiva, “raccontarsela”, e io lo aiutavo a riconoscerlo. Altre volte provavamo insieme a scorgere se ci fossero o meno segni della Provvidenza nei momenti in cui c’erano scelte da fare: discutevamo se “forzare la mano” oppure “aspettare”. Spesso bastava solo parlare per trovare soluzioni.
Dal mio canto anch’io, come si fa tra amici, gli parlavo della mia vita: tra il 2007 e il 2008 avevo molte preoccupazioni con la mia ex ragazza, vivevo un rapporto di conflittualità costante con lei – e con le donne in generale – vuoi per il mio carattere, vuoi perché non era evidentemente la persona giusta con me. Ad ogni modo, mi ponevo male nel rapporto di coppia, mancavo di progettualità, soprattutto cristiana, e Stefano me lo faceva notare, mi spronava a cambiare. Finì che io e quella ragazza ci lasciammo definitivamente l’anno dopo. Rimasto libero, ebbi più tempo per dedicarmi ad altro: nel 2009, dopo aver frequentato alcune lezioni di don Morandi sul Vangelo di Giovanni, capitò l’occasione di frequentare la facoltà di Teologia Ferrini al Seminario di Modena. Sia io che Stefano ci iscrivemmo ai corsi.
Fu lui a convincerti?
Lui mi propose la cosa, e io accettai di buon grado: certo se non avessi trovato qualcuno con cui iniziare un percorso del genere non mi sarei mai iscritto. Andò a finire che Stefano abbandonò il corso dopo qualche tempo, io arrivai a conseguire la laurea triennale nel 2013, ed ora sono iscritto al corso magistrale. È stato un bel periodo di crescita spirituale. Ho utilizzato lo studio come strumento per la ricerca di Dio e momento costante di preghiera. Mi è servito moltissimo. E poi ai corsi di Teologia ho trovato moglie [ride, ndr]: era un periodo personale di “ricerca donne”, è vero, ma mai avrei pensato di trovarla proprio in quel posto [ride]. L’ho conosciuta nel 2009 e ci siamo sposati tre anni dopo. Ora, quando qualcuno mi dice che non troverà mai la donna della vita, gli dico per esperienza che “le strade del Signore sono infinite”… [ride].
Matrimonio a parte, è cambiato altro in te durante gli anni di frequentazione Spei?
Grosse rivoluzioni non ci sono state, ma tante cose sono cambiate. In primis ho trovato un grande amico. Inoltre, alcune questioni sono state risolte: oltre a quella col gentil sesso, ho superato – e sto superando – un certo distacco e timidezza che avevo nei confronti delle altre persone, anche sul luogo di lavoro. In questo la testimonianza della Spei è stata fortissima, un confronto costante per la mia vita e insieme monito al cambiamento: di fronte ad un esempio del genere, non ho più potuto aver scuse, sono stato “costretto” a mettermi in discussione, e quindi più in gioco nella mia esistenza.
Un esempio concreto?
Nella mia ditta, pur da dipendente – senza rischiare dunque un capitale – ho dovuto anch’io fare delle scelte, soprattutto quando si trattava di puntare o meno su persone con difficoltà, dipendenti Spei inclusi, ma non solo. Ho scelto di rischiare non solo la faccia, ma gli stessi risultati. Prima dell’incontro con Stefano avevo una mentalità “dualistica”: un conto era la vita di cristiano e un conto quella sul lavoro. Trattavo chi avevo davanti come fosse un computer con dei sistemi operativi dentro, non come persona. Sono cambiato – anche se la strada da fare non è terminata, c’è sempre da migliorarsi.
La “lezione” principale della Spei è la fiducia nella Provvidenza. Dalla tua esperienza, sai che metta davvero a posto tutte le cose?
Ho visto dei fatti: tante volte, quando la Spei aveva problemi di lavoro, le questioni si andavano risolvendo in poco tempo. Ne sono stato testimone. Chiaro che per riconoscere o meno l’intervento divino bisogna metterci del proprio, fare discernimento. Le cose che succedono sono frutto delle circostanze che maturano col tempo ma anche dell’intervento divino: oltre al fatto specifico, bisogna “sentire” o “leggere” questo intervento. Da credente so che esiste la Provvidenza, a prescindere, ma per farla lavorare bisogna lasciarle spazio, essere aperti e disponibili al suo intervento: l’esempio della Spei è lampante, il suo atteggiamento di apertura facilita e “chiama” l’intervento divino.
Sei mai stato invitato a lavorare come dipendente Spei?
Un’offerta esplicita non l’ha mai fatta, ma più volte Stefano mi ha detto che per me la porta è sempre aperta, sia come lavoratore sia come “braccio destro”, soprattutto nel caso, un domani, gli impegni lo porteranno a La Spezia, lasciando scoperto il coordinamento della ditta a Modena. Sentirmelo dire mi fece molto piacere, sicuramente la presi come una dimostrazione di stima. Il domani, poi, si vedrà…