Enemy

“Il mio film più personale” avrebbe detto il regista di questa sua enigmatica opera. E personalissima appare anche la visione che lo spettaore vive sulla sua pelle, inoltrandosi insieme al protagonista nel mistero della realtà fuori di noi. “Chi sei?” E’ questa una delle domande più ricorrenti che gli vengono rivolte. 

Ma è una domanda senza risposta o meglio senza una univoca risposta. Ora professore universitario – Adam – , ora marito e attore infedele – Anthony, questi due ruoli che il bravissimo Gilleham è chiamato ad interpretare sembrano riflessi della sua molteplice realtà dove ognuno richiama l’altro come in specchi contrapposti. E i movimenti dell’uno vengono continuati nell’altro, come nella stupenda sequenza in cui la moglie incontra il marito  nella sua sconosciuta “versione” di professore di storia sulla panchina “accanto” fuori dalle aule. Sconvolta dall’assenza di riconoscimento da parte del marito, lo chiama al cellulare dopo che si sono salutati. Lui risponde con la voce stupita del marito, un attimo dopo però che la figura del professore è scomparsa dietro il muro dello stabile universitario, lasciando nello spettatore il dubbio sulla verità.

Questo film non è solo un film sul “doppio”, è un film sulla scoperta di sè, che ogni uomo affronta in un momento specifico e essenziale della sua vita. Qui è la maternità che porta a galla la domanda.

La maternità è il punto estremo in cui l’uomo sente e misura la sua distanza con la donna, ed è momento in cui lei esercita il suo potere su di lui, contro la quale l’uomo non può opporre nulla se non il tradimento. Ma è un negarsi ed è un negare la verità più intima. Anthoy deciso e infedele è Adam ma non può esserlo se si vuole salvare da lei, donna ragno che lo possiede e lo domina, riflesso a sua volta del potere che fin dall’origine la madre (la cui presenza si sente non a caso nella voce all’inizio del film e si vede solo una volta quando lui stesso al culmine del agone psichico confessa le due sue entità) ha avuto su di lui.

Adam è un uomo buono e vuole tornare dalla moglie, ma è prigioniero. Insegna agli altri che il caos va decifrato. E’ pieno di segni ma proprio lui non sa interpretarli. Poi arriva dall’esterno la verità. “Non sarai per caso un attore?” gli chiede l’amico professore? C’è un film – il cui titolo è guarda caso “Volere è potere” – interessante, continua lui. Così Adam vede nelle immagini se stesso che fa l’attore e incomincia un viaggio a ritroso. Si arma di un paio di occhiali femminili e parte alla ricerca di sè per usire dalla ragnatela in cui è imprigionato.

Quando finalmente riesce vedersi per quello che è riflesso negli occhi della moglie, Adam piange il suo doppio che muore insieme all’amante in un incidente da lui stesso provocato. Ora è libero? Solo per un istante perchè nei panni del suo doppio – neli suoi panni letteralmente – c’è la chiave del night club. Il cislo sta per ripetersi, sente che vuole tornare là, del resto anche questo è un segno della realtà. Ma questa volta nella stanza da letto c’è chi glielo impedirà.