Se andate un giorno a fare una gita nel centro della Toscana, non mancate di fare una visita alla beata Giulia della Rena, a Certaldo. La santa riposa sul lato destro della chiesa di san Jacopo e Filippo, la stessa che contiene anche le spoglie del sommo letterato Giovanni Boccaccio, suo contemporaneo.
Ma mentre di questi possiamo vedere un immagine in marmo, posta sul pavimento al centro della chiesa, la beata si offre ancora oggi ai pellegrini con il suo corpo intero, visibile dalle grate di un loculo semi illuminato. Vicino ad esso si legge la sua incredibile storia.
Beata Giulia nacque da Pace della Rena nel 1319 a Certaldo perché il padre aveva da poco perso in battaglia contro i fiorentini il castello di Senifonte, dove viveva, e fu costretto a riparare lì dove aveva ancora dei fedeli sudditi.
Giulia, ancora giovinetta, costretta dal bisogno, avendo presto perduto i genitori, lasciò Certaldo per andare a Firenze, a servizio in casa di certi Tinolfi.
A 18 anni è di nuovo a Certaldo, dopo che nello stesso anno, nella chiesa dello Santo Spirito aveva abbracciato la regola Agostiniana.
Al suo ritorno è subito protagonista di un fatto di cronaca : si getta tra le fiamme di un incendio che stava devastando una casa del paese, per salvare un bambino ancora in fasce. L’avvenimento è considerato miracoloso e la rende popolare, ma l’ammirazione di cui si vede fatta oggetto accresce in lei il desiderio di attuare il disegno per cui era tornata a Certaldo : quello di abbandonare le lusinghe del mondo.
Si fece pertanto murare in una celletta attigua alla sagrestia della chiesa con la quale comunicava solo tramite una piccola finestra quadrata. Mentre da un’altra di fronte, più piccola ancora, proveniva la luce del mondo. In mezzo sul muro un semplice crocifisso ligneo oggetto delle sue ardenti preghiere e da cui i suoi occhi non si staccavano mai, perché per Lei il Signore era persona vivente.
La tradizione racconta che i fanciulli si affacciavano alla finestrella più per curiosità che per devozione offrendole del pane spesso indurito, ed ella li ricompensava in qualsiasi stagione con dei fiori, che non si sapeva come e dove potesse cogliere.
Viveva di questa provvidenza del tutto occasionale e la sua fede cresceva di giorno in giorno.
Poi una fredda mattina d’inverno, il 9 gennaio del 1367 tuttele campane del castello cominciarono a suonare senza che alcuno le toccasse: era l’annuncio al popolo che l’anima di Giulia era salita in cielo.
Essendo accorso il clero e il popolo alla cella della Vergine e abbattuta una parete, fu trovato il corpo di Giulia reclinato in ginocchio con vicino un vaso di fiori freschissimi, mentre un ardente profumo si propagava dappertutto.
Come Santa Fina di San Geminiano, Santa Verdiana da Castelfiorentino e la Beata Giovanna da Signa, Giulia pratico’ un esempio di vita angelica e solitaria, che meraviglia ancora oggi chi desidera conoscere come fosse possibile per una donna povera e sola, in un cosi piccolo spazio tenere tra le mani tutto l’universo.