Quando nel 2013 è iniziato un brutale conflitto civile, il Centrafrica si è diviso in due: da una parte i ribelli musulmani della Seleka, dall’altra le milizie cristiane “anti- balaka”. Quest’ultimo gruppo aveva preso di mira per diversi mesi la missione di Bossemptele in cerca di musulmani da uccidere.
Ma Kinvi, giovane uomo di 34 anni, oltre ad ospitarne centinaia, è riuscito a farne fuggire molti altri attraverso il confine con il vicino Camerun. «Non è stata una decisione, ma qualcosa che è semplicemente successo», ha affermato il missionario al giornale britannico, The Guardian.
«Come prete non posso sopportare l’uccisione di un altro essere umano. Fossero stati gli anti-balaka ad essere ricoverati – continua il religioso –, li avrei curati comunque. Non importa di quale religione una persona sia: siamo, appunto, tutti esseri umani».
Il periodo più buio è stato quando a marzo del 2014 i soldati di pace dell’Unione africana hanno evacuato l’area lasciando però indietro i civili più deboli: bambini, disabili, e feriti. Per Kinvi non c’erano invece dubbi sul rimanere.
Allo stesso modo la pensa il dottor Tom Catena, un missionario laico cattolico che dal 2008 ha curato oltre 750mila civili dei Monti Nuba, situati nella regione sudanese del Sud Kordofan.
L’ospedale in cui lavora, il Mother of mercy, è costantemente preso di mira dai bombardamenti del governo di Khartum. Nonostante ciò, Catena, 51 anni, non ha alcuna intenzione di lasciare i suoi pazienti.
«Siamo in un posto dove le autorità non stanno cercando di aiutarci – ha recentemente affermato al New York Times il medico religioso –, ma vogliono ucciderci tutti». Catena ha sempre affermato di ispirarsi all’opera di Francesco d’Assisi.
Dal Burundi, è stata invece Marguerite Barankitse, anche lei cattolica, a guadagnarsi l’ammirazione internazionale. Una donna che ha salvato «migliaia di bambini orfani indipendentemente dalla loro etnia».
Nella provincia di Ruyigi, nell’est del territorio burundese, Barankitse ha iniziato a curarsi dei primi orfani in seguito alle brutali violenze tra le comunità di hutu e tutsi. Nel 1994, il vescovo Joseph Nduhirubusa ha trasformato la vecchia scuola dove questa giovane donna lavorava in un centro d’accoglienza per bambini chiamato Maison Shalom, casa della pace.
La quarta finalista è invece Syeda Ghulam Fatima, un’attivista pachistana che da anni combatte contro il lavoro forzato.
L’Aurora prize, conosciuto anche come premio per il risveglio dell’umanità, sarà consegnato a Erevan, in Armenia, ad aprile dall’attore George Clooney. Il vincitore otterrà un milione di dollari.
26/3/2016 – Tratto da Avvenire.it – Fra Bernard ha salvato 1500 musulmani