La febbre dell’oro

La notte di Natale celebriamo un’attesa; per questo mettiamo un posto vuoto nella nostra casa e aspettiamo.

Ricordate quel pezzo della “La febbre dell’oro” in cui il vagabondo Chaplin prepara la tavola per l’ultimo dell’anno in attesa che arrivi la ragazza che aveva conosciuto poco tempo prima e che per prenderlo in giro le aveva promesso che sarebbe appunto andata a trovarlo a mezzanotte? Quella scena è un concentrato di amore.
C’è un posto vuoto e un cuore che batte. La preparazione della tavola spoglia e povera nella capanna del cercatore d’oro, simbolo della nostra vita di cercatori di ricchezze illusorie, è un atto pieno di attenzioni per qualcuno che non vediamo ma che sentiamo relamente presente. Il vagabondo mette tutto quello che ha. Dorme, sogna e balla nel sogno mimando con le forchette e due panini un ballo starordinario, più vero di quello cui la ragazza sta in quel momento partecipando. L’oro è lontano ma la stanza si riempie di una ricchezza nuova. Il posto non è più vuoto, un’amore lo ha riempito.

Anche noi facciamo così: apriamo un pò di spazio tra i dolci e i regali, apriamo un spazio lasciamolo vuoto : Qualcuno sta arrivando per donarci la felicità.