Per la canonizzazione del beato Luigi Orione, la Chiesa cattolica ha ritenuto miracolosa la guarigione di Pierino Penacca, guarito nel 1991 da un tumore maligno.
Nel 1990 Pietro Penacca, di 78 anni, abitante a Momperone, in provincia di Alessandria, fu ricoverato all’Ospedale San Raffaele di Milano, dove gli fu diagnosticato un carcinoma ai polmoni. I medici dissero che, a causa dell’età avanzata, non erano consigliabili né un intervento chirurgico né la chemioterapia. I familiari, ai primi di gennaio del 1991, si rivolsero all’intercessione di don Orione e il malato, nel giro di una settimana, guarì completamente. Dopo la guarigione, Penacca è vissuto per altri dodici anni, lavorando nei campi e come falegname. È morto di vecchiaia nel 2001.
Il caso, dopo il processo diocesano, durato dal 4 gennaio al 12 marzo 1999, fu sottoposto alla Congregazione per le Cause dei Santi che, il 7 luglio 2003, promulgò il decreto sul miracolo, dichiarando l’inspiegabilità della guarigione, rapida, completa e duratura.
La nota più visibile del carisma di Don Orione è senza dubbio la “carità divina, alta, universale che fa del bene a tutti, del bene sempre, del male mai a nessuno”.
Fu la sua passione e la sua strategia apostolica perché – spiegava – “ La causa di Dio e della Sua Chiesa non si serve che con una grande carità di vita e di opere: non penetreremo le coscienze, non convertiremo la gioventù, non i popoli trarremo alla Chiesa, senza una grande carità e un vero sacrificio di noi, nella carità di Cristo. Vi è una corruzione nella società spaventosa: vi è una ignoranza di Dio spaventosa: vi è un materialismo, un odio spaventoso: solo la Carità potrà ancora condurre a Dio i cuori e le popolazioni, e salvarle.
Benedetto XVI, citando Sant’Agostino, afferma “Se vedi la carità, vedi la Trinità ” per cui poi insiste sul “felice legame tra evangelizzazione e opere di carità” . Ebbene, proprio questa è la convinzione e la via apostolica trasmessaci da Don Orione che ci voleva “ preti di stola e di lavoro ”, perché “ la nostra predica è la carità ”.
Certo, oggi, per dare Dio all’Europa non ci si può fermare a pensieri e strategie di retrovia, periferiche. Si deve andare proprio alle radici: bisogna essere “uomini di Dio”, radicati vitalmente nel Vangelo.
L’Europa oggi sembra volersi costruire a prescindere o ripudiando le sue radici cristiane. Non è un tentativo del tutto nuovo, ma certo è sconcertante per vastità e per risultati. Anche Don Orione era impressionato di quanto avveniva tra Ottocento e Novecento. In una conferenza ai lavoratori, avvertiva che “ Senza Dio si tenta invano di edificare ..e i popoli si stancheranno di voi che li pascete di tenebre, di terra, e di odio – scrisse – . I popoli hanno bisogno di amore, di luce, e anche di un bene che non è terreno. Il popolo si stancherà tanto di voi che basterà alzare un crocifisso perché cada in ginocchio ai piedi del suo Dio, e torni ravveduto a mirare la Croce segnacolo vittorioso di giustizia, di pace, di redenzione morale, economica e civile”. Sono parole che danno lucidità e speranza anche per interpretare il nostro tempo attuale.
La carità è mai dire “non ne vale la pena”, con cui invece la nostra società divide il bene dal male, magari sussurrandolo con garbo di fronte a malati gravi o terminali, a lavoratori ultra quarantenni, agli extracomunitari senza preparazione..Tutto questo non ci ricorda forse il dito del Capitano delle SS che sul binario di Auschwitz decideva chi era destinato al campo di concentramento e chi direttamente alle camere a gas?