Se noi cambiamo poco, nel corso dell’esistenza, è perché non sappiamo più incontrare o incontriamo male, senza accogliere il dono che l’altro ci porta.
C’è qui una donna di un altro paese e di un’altra religione, che va da Gesù a chiedergli di guarire la figlia. Anche i discepoli partecipano: Rispondile, così ci lascia in pace. Ma la posizione di Gesù è molto netta e brusca: io sono stato mandato solo per quelli della mia nazione, per la mia gente. La donna però non molla: aiutami! Gesù replica con una parola ancora più ruvida: Non si toglie il pane ai figli per gettarlo ai cani. I pagani, dai giudei, erano chiamati «cani». E qui arriva la risposta geniale della madre: è vero, Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni. È la svolta del racconto. Questa immagine illumina Gesù. Nel regno di Dio, non ci sono figli e no, uomini e cani. Ma solo fame e figli da saziare, anche quelli che pregano un altro dio. Donna, grande è la tua fede!
Lei che non va al tempio, che prega un altro dio, per Gesù è donna di grande fede. La sua grande fede sta nel credere che nel cuore di Dio non ci sono figli e cani, che Lui prova dolore per il dolore di ogni bambino, che la sofferenza di un figlio conta più della sua religione. Non ha la fede dei teologi, ma quella delle madri che soffrono. E sa che Dio è felice quando vede una madre, qualsiasi madre, abbracciata felice alla carne della sua carne, finalmente guarita.
Matura, in questo racconto, un sogno di mondo da far nostro: la terra come un’unica grande casa, una tavola ricca di pane, e intorno tanti figli. Una casa dove nessuno è disprezzato, nessuno ha più fame.
Tratto da : La donna cananea che «cambia» Gesù – E. Ronchi commento alla XX Domenica Tempo Ordinario – Anno A
Gesù conosce la sofferenza di quelli che non praticano la religione di Israele prima ancora di incontrare la donna cananea. Pubblicani e peccatori sono anzi il suo popolo prediletto, quelli che lo seguono tutti i giorni senza porre dubbi o metterlo alla prova.
Ma Gesù vuole portarli a capire che il loro comportamento “precedente”, distante dalla legge di Israele aveva chiuso loro la strada verso il Padre. E che i guai erano cominciati proprio da lì. Ora a tavola di fronte alla mensa imbandita essi non possono che stare sotto e desiderare le briciole, non pretendano cioè di decidere cosa mangiare e in quale modo.
Quando la donna accetta questo, si libera del peccato di famiglia (è la figlia a casa che guarisce). Dice: è vero non lo merito, so ciò che non ho fatto, ma voglio anch’io stare qui con te a mensa e accetto il posto che mi hai assegnato.
Gesù dove sta? Gesù sta in mezzo, tra la cananea e gli apostoli che la guardano dall’alto della loro pretesa santità. Tutti vogliono starGli vicino magari a discapito degli altri, allontanando gli altri, ma alla fine risultano distanti. Come nel quadro di Leonardo da Vinci, Gesù è al centro solo e distante. La fede che possa salvare quella bimba è l’unico vero momento di comunione. Nonostante il primitivo rifiuto la donna ci spera ancora e accetta anche quella briciola che possa cadere dalle sue labbra.
E, come per la donna con le perdite di sangue che spera di afferrarne anche solo un lembo della veste, anche per lei è una confessione ad aprirle le porte della salvezza. E’ un attimo. Noi non possiamo sapere come si sono guardati in quegli istanti ma possiamo immaginare che è passata tra loro un’intesa profonda.
E questo è necessario. Gli apostoli avrebbero risolto la questione per mancanza di sopportazione, utilizzando la potenza di Gesù. Ancora credono superficialmente alla provenienza della sua forza. Pensano che Lui possieda un potere magico. Non hanno ancora capito che se non si ripristina tra Dio e l’uomo quel legame d’amore che si era interrotto non è possibile che il miracolo si compia.
Sullo sfondo dell’episodio la critica vera è rivolta a chi è seduto a tavola con Gesù, cioè tutti noi. Siamo pronti a mangiare, ma prima di prendere i beni offerti facciamo domande, poniamo condizioni, abbiamo pretese. Questo sì e quello no. Senza voler capire che tutto viene da Dio, mettendoci addirittura al Suo posto talvolta, senza accorgerci che è per la nostra felicità e rifiutando così la parte migliore della vita.