La terra promessa non è un luogo geografico, ma il luogo preferito dell’anima.
Lo sa bene oggi Vasile che, all’indomani della caduta del muro di Berlino, una notte alle 2 partì dalla Romania per andare a cercare fortuna in Germania. Vasile non aveva dimenticato cosa gli aveva raccontato suo padre a proposito del giorno in cui morì Stalin nel ’67, quando lui aveva solo due anni. Dovunque uno si trovasse al sopraggiungere della notizia, sarebbe dovuto rimanere immobile per 10′. Allo stesso modo proprio lui, vent’anni dopo, restava più di un’ora immobile al passaggio di Ceausescu alla Casa del Popolo di Bucarest, dove fu mandato durante servizio di leva per merito di comportamento. Aveva imparato cioè cosa vuol dire stare fermi, in ordine e in silenzio, al di là della ragione. E aveva anche imparato cosa comportava infrangere questa regola, il giorno che fu sorpreso a dare un passaggio ad alcune ragazze con il camion dell’esercito: 10 giorni di prigione e i capelli rasati a zero.
Vasile aveva sposato la mamma di Gheorghe a 25 anni e aveva cominciato a lavorare nella cooperativa sociale di produzione che raccoglieva quasi tutti i lavoratori del suo piccolo villaggio. Producevano grano e lo ammassavano in diversi granai. Il padre lo aveva raccomandato perchè ne diventasse il capo magazziniere e cosi fu. Gli diedero un portachiavi grande come una palla da calcio da tenere con due mani. Ma il giorno prima di quella notte, lo riconsegnò a suo padre dicendo: “Non lo voglio più”. Il padre rimase sconvolto, almeno quanto la moglie già in cinta di Gheorghe che se lo vide scivolare via dal letto e perdersi nel buio. “Tornerò con i soldi” le aveva promesso.,
Poi si diresse verso la Germania a Norimberga dove si fermò in un campo profughi bello e ordinato. Era un lager rimesso a posto con le sue brande e le sue docce. Stette là ad aspettare un lavoro che nessuno poteva dargli perchè il diritto al lavoro era finito il mese prima e nesuno poteva assumere senza il permesso dello stato. Il visto per rimanere scadeva pohe settimane dopo, chi voleva poteva dare 400 marchi ad un certo avvocato, che avrebbe potuto prolungarlo. Vasile come gli altri rimase per tutto l’anno e trovò alcuni lavori da clandestino. Operaio, installatore, macchinista, tutto in nero naturalmente. Poi conobbe Wolfang che aveva un’azienda agricola e tra loro si creò subito una rispettosa intesa.
Venuto Natale tornò in Romania come aveva promesso e subito dopo ripartì. Wolfang lo aspettava e lo volle addirittura ospitare in casa, caso raro tra i profughi che dal lager erano passati ad abitare una pensione. Anzi così eccezionale che generò l’invidia di uno dei suoi precedenti compagni il quale lo spifferò alla polizia. Così un giorno nella fattoria venne uno della “Polizei”, per parlare con Wolfang. Vasile ascoltò la conversazione perchè si era nascosto dietro la porta della stanza vicina. Il poliziatto disse: “Sappiamo che hai un rumeno clandestino in casa, ti diamo 48 ore per mandarlo via, ma se quando torniamo lo troviamo qui, la multa è di 60’000 marchi.” E Vasile sapeva che i tedeschi non scherzano mai. Allora uscì dal nascondiglio, salutò il suo padrone-amico e fuggì. Cambiò nome per passare la frontiera, ma non tornò in Romania, andò in Belgio. Si diceva che là il lavoro c’era di sicuro e in regola, ma solo per due mesi l’anno per la raccolta della frutta. Però intanto potevi vivere in una struttura e con uno stipendio sociale discreti.
Vasile rimase sei mesi così. Poi lo mandarono a raccogliere la frutta in una località vicino al mare, in una struttura dove i neri erano più dei bianchi. Ma i neri avevano l’abitudine di stare in bagno 40 minuti per pettinarsi i loro corti e spessi capelli e lasciare i vestiti puzzolenti in giro per la stanze. Una sera nacque tra i due gruppi una rissa: Vasile ed un suo amico rumeno, che aveva un pò bevuto, avevano deciso di farsi rispettare. Ora bisogna sapere che Vasile aveva fatto pugilato da ragazzo e il suo amico lotta greco-romana. Menarono a più non posso. Sul più bello Vasile sentì le sirene della polizia e corse a prendere i suoi soldi e quelli dell’amico, che non si era accorto di nulla e continuava a menare. Fuggì sulla spiaggia per nasconderli. Quando tornò, vide che il suo amico teneva le teste di due polizziotti sotto le ascelle e il risultato fu che passarono tutti e due un bel pò di tempo in prigione con l’obbligo poi di lasciare il paese. Prima di ripartire Vasile tornò sulla spiaggia a cercare il nascodiglio del loro tesoro: i soldi c’erano ancora tutti! E così potè correre a casa dalla moglie portandole l’equivalente di 5000 marchi.
Vasile riparte una terza volta e va in Olanda. E poichè la Germania già lo conosceva, per attraversare indenne il confine, è venuto a sapere che si può passare attraverso il guado di un piccolo fiume sulla frontiera, dove l’acqua arriva fino al petto. Là giunto, si spoglia e passa nell’acqua tenendo i vestiti con le braccia sopra la testa. Poi rivestito viaggia di nascosto nella notte e raggiunge Amsterdam. Gli olandesi sono tolleranti con tutti ma il lavoro per lui non c’è. Mentre si trova su una panchina di un giardino pubblico arriva un compagno rumeno che lo avvisa: ha saputo di una casa di accoglienza bellissima dove possono andare e essere mantenuti senza problemi tutti gli omosessuali stranieri che lo chiedono. Vasile e un altro decidono di fare coppia fissa, si presentano e vengono subito accettati. Ma dopo due mesi che si è sparsa la notizia, il campo è passato dalle 2500 unità a più di 5000. Il governo si insospettisce e decide di fare una prova. Quando Vasile capisce che la prova è decisamente imbarazzante, scappa di nuovo.
Lungo la strada del ritorno verso la Romania, incontra un amico che gli parla dell’Italia. Vasile non l’aveva presa in considerazione. Prova allora a raggiungerla insieme a lui attraversando l’Iugoslavia, ma quando arriavano a Bar sull’Adriatico, per imbarcarsi con un traghettatore abusivo, si accorgono che è un imbroglione, perdono i soldi e sono costretti a rifare la strada a ritroso per tentare la via di terra. Dopo molti giorni di cammino arrivano a Padova. Poi girano ancora qua e là e infine giungono ad Ancona. I soldi sono finiti e il loro aspetto non è più così impeccabile come ai tempi dell’esercito. Una signora si dimostra gentile e li ospita in un appartamento per il tempo che hanno bisogno, senza chiedere nulla in cambio. Vasile conosce la carità. Riparte dopo 20 giorni con destinazione Belgio ma colpito da quel gesto, vuole fare un ultimo tentativo in quell’Italia povera ma buona. E mette il dito su una cartina dell’Emilia dove si vedono molte zone industriali. Dice al compagno : “Andiamo là che c’è tutta la forza produttiva, se non troviamo neanche lì andremo in Belgio”. Aveva indicato la piana di Sassuolo.
Arrivano quindi alla stazione di Modena passando il viaggio nel bagno del vagone. Alla stazione qualcuno li invita ad andare da Padre Romano, a S.Pancrazio. Quando apre la porta Padre Romano ha un sussulto, che li rinfranca, anche se poi scopriranno essere solo un tic. “Padre – inizia Vasile – lei si chiama Romano e noi siamo rumeni, dobbiamo fare qualcosa insieme! “Davvero? – risponde il religioso – Intanto lavatevi e poi ne parliamo”. Era infatti appena arrivata al frate una donazione, consistente in un capannone da costruire. Vasile si offre con il suo amico di metterlo in piedi in due. Solo sarà necessario per un paio d’ore l’intervento di altri 4 uomini per installare le basi delle colonne . E così sarà. Padre Romano riconosce la Provvidenza nei due operai rumeni che avevano bussato pochi giorni dopo la donazione, e per sdebitarsi con Gesù, li presnta ad un imprenditore suo amico, che li vede e li assume.
Sarà il primo lavoro regolare di Vasile. Poco dopo l’azienda visto il suo servizio impeccabile offre a Vasile un piccolo alloggio di proprietà. E’ la terra promessa? Vasile vuole tornare a riprendere sua moglie. E lo fa subito e anzitempo perchè per ricongiungersi legalmente sono necessari due anni di lavoro regolare. La moglie arriva comunque e sembra finalmente felice, dopo tutto quel tempo di attesa. Ma dopo pochi mesi Vasile la vede svegliarsi di notte in pianto. Le manca Gheorghe rimasto in Romania con i nonni. Vasile non fa nè uno nè due. Ancora di notte riparte per la Romania a riprendere suo figlio. Mentre ritornano sono fermati alla frontiera con l’Italia, il bimbo non ha il visto. Vengono respinti e restano in Slovenia. E’ una brutta serata, comincia anche a piovere.
A Vasile viene in mente un’idea e chiama la Patty, un ex modella che aveva sposato uno dei titolari della azienda e le chiede una mano. La Patty accetta e Vasile le chiede di venire a prenderli in Slovenia con la macchina della società che dietro ha i vetri scuri. E intanto di portare sua moglie nel primo albergo in italia vicino al confine. Patty e la moglie partono in quella notte che si fa sempre più tempestosa. Vasile e Gheorghe restano nella cittadina ma il bimbo è un terremoto e scappa sempre a destra e a sinistra. E arrivatoa quell’ora chiede a suo padre dell’acqua da bere. Vasile scopre di avere completamente dimenticato di metter in quell’enorme valigia che porta con sè dell’acqua e i negozi sono ormai già chiusi. Ma si ricorda che suo padre ci aveva infilato all’ultimo due bottiglie di vino dell’azienda agricola. Vasile da due bicchieri di vino a Gheorghe e il bimbo si addormenta all’istante così profondamente che lo crede svenuto. Intanto arriva la Patty e salgono tutti in macchina, di dietro sui sedili con i vetri oscurati Gheorghe che dorme.
Al confine le guardie sono cambiate e non riconoscono Vasile e prima che nella notte tempestosa riescano a guardare attarverso il sedile anteriore chi c’è dietro, la Patty strizzando l’occhio chiede alla guardia se c’è un albergo dove lei e Vasile possono andare a dormire insieme per una notte d’amore. La guardia indica l’albergo più avanti e li lascia passare. In quei lunghi istanti Vasile prega il buon Dio come non aveva mai fatto in vita sua. La Patty vuole scendere dall’auto per far guidare Vasile perchè le gambe le tremano troppo. La terra promessa ora finalmente è vicina : all’albergo indicato dalla guardia di frontiera c’è la mamma ad attenderli.