L’ABBANDONO ATTIVO

Classe 1947, originario di Cagliari, Adelmo vive a Modena dall’età di otto anni. Sposato da quarantadue, in pensione dopo aver lavorato tutta una vita in banca, ha due figlie e un nipotino di quattro anni. Canta nel coro del Duomo di Modena dal 2007, quando fece l’audizione la stessa sera di Stefano…

 

Come è arrivato alla Spei?

Una sera del 2007 feci la mia prima audizione nel coro del Duomo di Modena. Anche Stefano cominciò a cantare quello stesso giorno. Siamo diventati amici, tengo molto a lui. Così sono andato qualche volta a trovarlo in ufficio, per salutarlo e fare due chiacchiere. Per motivi familiari e di lavoro, Stefano dovette lasciare il coro, ma continuammo a sentirci, pur con lunghi intervalli di silenzio… La scorsa settimana abbiamo mangiato insieme, a casa mia…

 

Che impressione le fece l’ufficio, la prima volta?

Dava l’idea di essere il luogo di una persona di fede. Di Stefano ammiro proprio il suo cammino di fede “incondizionata”, quell’obbedienza che gli fa accettare chiunque bussi alla porta, con la consapevolezza che sia Maria a mandargliela. In un’ottica di fede, qualsiasi cosa succeda va interpretata come volontà di Dio, cui va aggiunta la nostra volontà – l’abbandono non è mai passivo…

 

E il male? Anche quello è volontà di Dio?

Dio permette tutto, compreso il fatto di lasciare Satana a tentarci. Ce lo insegna la storia di Giobbe: aveva tutto, tutto gli andava bene, poi arrivò il tempo di saggiare la sua fede.

 

Ha collaborato in qualche modo con la Spei?

Non in prima persona, non posso dire di “conoscere” la Spei. Da qualche anno però faccio volontariato alla Caritas modenese, “APA Porta aperta”, e lo dissi a Stefano. Si interessò tanto da chiedere di poter aggregare al mio gruppo qualche dipendente dell’ufficio. Si tratta di servire i poveri alla “mensa del vescovo”: il “gruppo Spei” è partito autonomamente, prestando servizio una volta al mese – stanno continuando l’esperienza.

 

È cambiato qualcosa in lei da quando ha incontrato Stefano?

Parlavamo spesso di Medjugorje, Stefano ci era stato, io non ancora. Mi incuriosii – qualcosa dentro di me si era mosso – così progettammo di fare un pellegrinaggio insieme, che poi naufragò – non riuscivamo a combinare una data. Era il 2008. Ci sono poi andato due anni dopo, con mia moglie, per ringraziare Maria della nascita del nostro primo nipotino – avevamo affidato a Lei la gravidanza di mia figlia, e tutto andò bene per Sua intercessione. Non ero alla ricerca di cose sensazionali, di grandi miracoli: quel pellegrinaggio fu per me l’occasione di una full immersion nella preghiera.

 

È stato in qualche modo influenzato dal “messaggio” Spei?

Provo anch’io ad abbandonarmi completamente alla volontà di Dio, come fa Stefano, ma non è certo facile. Il suo – compreso quello della Spei – è un caso più unico che raro: il suo abbandono “attivo” è per me una forte testimonianza.

10/09/2014