Lascia il «tango»

L’ex dj delle truffe online – e precisamente del mettere in vendita su Internet tecnologie da discoteca o biglietti di concerti di rockstar, farsi pagare ma non consegnare apparecchiature e ticket – l’ex dj, di qualche notorietà in gioventù, era un vero maestro.

In aula ha raccontato di essere caduto in questa spirale dopo aver perso il lavoro in discoteca e a causa dei suoi problemi di tossicodipendenza, ma intanto dietro il computer innestava il turbotruffe a colpi di centinaia (e a volte migliaia) di euro per volta: 78 le truffe giudicate il 2 luglio 2008 dalla gup Gloria Gambitta con una condanna a 4 anni e mezzo per truffa, ricettazione, furto, frode, indebito utilizzo di carte di credito e sostituzione di persona commessi tra il 2006 e il 2008, e altre 28 quelle riunite adesso a giudizio davanti alla settima sezione.

Poteva essere dietro l’angolo un trattamento da routine giudiziaria: del resto nessuno si era costituito parte civile (nelle truffe online le vittime quasi mai si materializzano, anche perché prendere un avvocato quasi sempre costa più della cifra truffata da recuperare), l’imputato aveva comunque espletato un tentativo di contattare i truffati a fini teoricamente risarcitori (28 raccomandate a vuoto), c’era solo da calcolare la pena nella «normale» funzione retributiva.

Ma l’avvocato Carlalberto Pirro, il pm e il giudice hanno provato a rendere meno formalmente sterile e più concretamente fruttuoso questo passaggio giudiziario.

Prima, rifacendosi a un protocollo d’intesa tra il pool reati informatici della Procura e l’assessorato al Lavoro del Comune di Milano, è stato dato incarico a un criminologo e a uno psicologo di sondare se l’imputato avesse da offrire capacità riparatorie, sulla scia di quello su cui sia l’accademia (ad esempio i docenti veronesi Francesca Zanuso e Francesco Cavalla) sia i magistrati (come Silvia Cecchi o Gherardo Colombo) ragionano da tempo.

Poi, visto che i margini c’erano, con il Centro per la mediazione penale del Comune è partito un progetto appunto di giustizia riparativa, volta non a scimmiottare una forma di retribuzione mascherata, ma innanzitutto a far riconoscere al reo l’esistenza delle vittime e delle sofferenze arrecate loro; a dare alla riparazione dell’offesa una dimensione non solo economica ma anche emozionale; e infine a coinvolgere la comunità, non più solo destinataria della «riparazione» ma attore sociale di questa rielaborazione, in una «danza della giustizia» (per stare alla metafora della professoressa Elisabetta Grande) che lascia il «tango» a due per diventare «rumba» tra molti.

LA MENSA DEI POVERI – Il risultato è stato appunto la proposta, cristallizzata in una convenzione sottoscritta dal truffatore, di prestare 300 ore di attività riparativa presso l’«Opera Cardinal Ferrari» a servire pasti e pulire i locali dell’istituzione che dal 1921 lenisce le difficoltà materiali (cibo, vestiario e sanità) di poveri e senzatetto.

 

Tratto da Truffatore online servirà a tavola i poveri- Primo caso di giustizia «riparativa» di Luigi Ferrarella – Corriere.it

L’esperimento è stato ratificato martedì, su proposta del pm Francesco Caiani, dal giudice della settima sezione penale Claudio Galoppi, che ha accolto il patteggiamento a 1 anno e 4 mesi di un truffatore seriale online impossibilitato a versare un risarcimento in denaro, ma resosi disponibile – dopo mesi di un percorso con un criminologo, uno psicologo e il centro mediazione del Comune – a progetti di attività riparative.