Sabato mattina ho voluto seguire un’indicazione data con il cuore. Michele mi aveva invitato al moletto dell’armatore Arcangelo a Le Grazie, dove si sarebbe imbarcato con alcuni amici per una giornata di vela.
Michele è un ingegnere di Parma sulla quarantina, che ho conosciuto da pochi mesi in un azienda di Baggiovara (MO). In realtà non è arrivato solo ma con la sua ragazza Elena che proveniva addirittura da Pavullo.
Poco dopo i saluti Michele mi ha mostrato la barca con cui avrebbero veleggiato quel giorno. Mi ha fatto scendere sotto coperta e mi ha illustrato le cuccette, i bagni, il tavolo da pranzo, gli alloggi… insomma tutti i posti dove avrebbero passato la serata e la notte. Era contento e mi ha fatto rivivere le sensazioni delle crociere che facevo ormai 30 anni fa con mio padre, mio fratello e alcuni amici. Giornate di vacanza indimenticabili sulle coste della Capraia, dell’isola d’Elba e della Corsica.
Michele durante la settimana mi parla di motori da competizione, ma sabato mi ha parlato di gioia, di amore e di compagnia. Sul pontile galleggiante passavano davanti a me e lui tutte le persone che via via giungevano per trascorrere quella giornata in mare. E tutte lo salutavano e mi salutavano, perchè anche con il tempo brutto sabato la vita sorrideva.
Poco distante da quel punto estremo del golfo delle Grazie c’è il santuario di Nostra Signora delle Grazie. Una chiesa tenuta dai frati benedettini e costruita sulla collinetta prospicente il golfo. Molta gente ci si sposa perchè la vista uscendo mano nella mano e con l’anello al dito spazia sul mare e su un futuro promettente. Ho fermato la macchina lì davanti e ho salito la scalinata tra gli ulivi, per andare a ringraziare Maria di quell’incontro che mi aveva rasserenato anche di quel lavoro che facevo a 150 km da casa. Dentro c’era solo un frate di origine filippina che stava innaffiando delle azalee. Avevo giusto mezz’ora ancora e ho pensato di dire un rosario ma non avevo lo strumento, così l’ho chiesto al frate, che me lo ha dato con prontezza. Mi sono messo su una panca in quinta fila.
Nel primo mistero ho contemplato Gabriele che dice a Maria che sarà madre. Al secondo ho contemplato Elisabetta che tutti credevano sterile. Al terzo ho contemplato Gesù che nasce in una grotta e in quell’istante ho sentito la porta della chiesa alle mie spalle aprirsi e un brusio diffuso entrare. Mi sono voltato: una madre con il bimbo appena nato era entrata e i parenti intorno, una decina di persone forse quindici, cercavano qualcuno.
Un frate anziano compare e si fa incontro, li accoglie nei pressi della porta. Continuo il rosario come niente. Al quarto contemplo la presentazione di Gesù al tempio. Il frate invita la donna e il bimbo ad andare all’altare per il battesimo. I parenti si portano avanti e si assiepano nelle quattro file davanti a me cosìcchè io rimango dietro a loro con il rosario in mano. Il frate presenta il suo aiutante, il frate filippino: si chiama Gabriele.
Io e il frate alle due estremità stringiamo i fedeli nel gruppo perciò decido di rimanere fino alla fine. Termino il battesimo contemplando il ritrovamento di Gesù che parla ai dottori del tempio. Il frate si ferma perchè il bimbo ha cominciatoa piangere: “Adesso vuole parlare lui”, dice.
Sono commosso. Ci sono modi in cui Maria e suo Figlio ti si accostano con meraviglia, stupore e pure naturalezza. Tendono una mano perchè la tua vita sia cambiata. Dimenticano gli errori passati e stringono la tua mano dalla pelle indurita con la tenerezza della pelle di un bambino. Mano nella mano sono uscito anch’io sabato da quella chiesa. Ho guardato le barche che veleggiavano lontane. Michele era là e il futuro è diventato promettente.