PASSAGGIO ALLA TERZA DIMENSIONE

Marzio è un disegnatore di carrozzerie per trattori in pensione. Abilissimo nella progettazione bidimensionale “vecchia scuola”, ha imparato dai corsi Spei il disegno 3D al computer, oltre ad aver conosciuto Stefano, col quale è diventato amico. Abita a Carpi con la moglie, dedicando il proprio tempo ai suoi nipotini.

Come è arrivato alla Spei?

Non ho mai lavorato alla Spei, ma ho conosciuto Stefano tramite il lavoro che facevo: venne a farci un corso di Engineering, con PRO-E . È stato un uomo molto paziente, molto disponibile… Così parlando siamo diventati amici, abbiamo iniziato a frequentarci, condividendo le stesse idee, la stessa fede. Era una persona con cui si poteva parlare. Con lui è successo qualcosa che con altri non mi era mai capitato, e che non era neanche possibile, per colpa di quell’“attenzione” che abbiamo a non urtare la sensibilità delle persone con discorsi di fede. È vero, la gente non è sempre disponibile ad accettare questo tipo di conversazione, ma Stefano sì: ha un attaccamento particolare per la Madonna di Medjugorje… per un periodo di tempo mi mandava sempre i messaggi delle apparizioni ai veggenti.

Come avete imparato di essere entrambi credenti?

Una volta vidi sul pc di Stefano l’immagine di una figura femminile… Gli chiedevo chi fosse, non capivo… chiedevo se fosse la fotografia di una sua parente, ma lui cercava di parlare poco, forse perché ancora non mi conosceva e non sapeva se io avessi potuto contraccambiare le sue idee… Continuavo a chiedere spiegazioni nei giorni successivi, fino alla volta in cui mi rispose che era l’immagine di una santa: da lì cominciammo a parlare un po’ di tutto…

Quel santino ruppe il ghiaccio tra di voi.

Sì, esatto. Tutto grazie all’immagine di questa santa che aveva nel computer, e che credevo fosse la fotografia di una sua parente.

[Mostro un’immagine di Gemma Galgani]. Forse è questa qui? 

Sì! Probabile che fosse lei… Stefano è stata una persona molto sensibile, molto buona con tutti quelli che l’hanno conosciuto nell’ambiente di lavoro. [Anche Valentina Accardi, che lavorava con lui, è una brava ragazza… ci fu un momento di crisi lavorativa, la collaborazione con Spei terminò, ma lei venne assunta dalla nostra ditta.] Come insegnante, [Stefano] fu molto paziente, soprattutto con me: ammetto che avevo qualche problema ad imparare il disegno al computer, dopo i decenni passati a lavorare manualmente in 2D. Ero uno ancorato alla “vecchia scuola”, ma quando iniziai ad accumulare esperienza, mi resi conto che il computer era una macchina grandiosa, facile da usare, e che non sarei tornato più indietro: col 3D vedi tutto.

Quanto duravano i corsi PRO-E di Stefano?

Facevamo teoria una volta a settimana, due o tre ore: il resto del tempo mettevamo in pratica le lezioni con lui, che era sempre assieme a noi.

Erano esercitazioni?

Non erano esercitazioni… Era il nostro lavoro, e Stefano seguiva individualmente l’operato di una decina di persone. Ricordo che al tempo stavamo disegnando la traversa superiore della cabina di un trattore…

Per quanto tempo Stefano è stato vostro istruttore?

Nel 2007, quando andai in pensione, era ancora lì. Mi invitò nel suo ufficio, e andai a trovarlo… Mi propose di collaborare con lui e disegnare un pullman per un cliente di Mirandola [Carrozzeria Barbi]: voleva affidarmi l’intera struttura del pullman, ma l’idea rimase in una fase preliminare, non andò in porto… Credo che Stefano non riuscì a mettersi d’accordo economicamente con il cliente [Isabella Barbi]… Insomma, da quella volta non parlammo più di lavoro, ma rimanemmo in contatto, buoni amici, e tuttora lo siamo.

Ha avuto modo di conoscere come lavora la Spei?

So che si occupa un po’ di tutto, ma sinceramente non ho mai approfondito questo tipo di lavoro…

La Spei cerca di conoscere la persona che gli arriva davanti, confidando sia Maria a mandarla, e attraverso la preghiera, cerca un progetto su di lei. In tanti arrivano con situazioni di disagio, la Spei cerca di trovare per loro un lavoro consono. È un atto di fede continuo. 

Bello. Io gli darei una mano, sinceramente… Una mano gratis, se abitassi qui a Modena. Il problema è che ho tanti nipotini cui tener dietro ogni giorno… scuole, asili… non saprei come fare.

Potrebbe aiutarci nella formazione interna… Stefano è spesso a La Spezia con la famiglia, e fa corsi via skype per i nuovi ragazzi.

Stefano è un grande, è ammirevole quello che fa. Dovrei rinfrescare un po’ tutto, ho sessantacinque anni… Non sono più giovane. Potrei insegnare, solo che…

Alcuni partono proprio da zero… ci penserà!

Avevo sentito qualcosa, ma non immaginavo che la Spei fosse davvero così. Una volta, avevo pure pensato di licenziarmi dalla mia ditta e venire a lavorare con Stefano… Ma poi sono rimasto dov’ero.

Perché avrebbe voluto licenziarsi?

Per me la Spei era l’ambiente ideale dove poter parlare un po’ di tutto: di lavoro, di cristianesimo… di tutto. Nel mondo del lavoro bisogna anche saper essere coerenti con la propria fede, testimoniare la propria fede… Vuol dire dimostrare di non aver paura, di dire quello che siamo. Siamo cristiani? Dobbiamo dare l’esempio, portare avanti dei valori nell’ambiente di lavoro. Avevo un capo che diceva sempre di “soffiare sul collo dei colleghi” affinché rendessero di più: io questo non l’accettavo, è il dipendente stesso che deve capire quando è il momento di mettere più impegno.

In Stefano ha trovato quella franchezza che le mancava?

Sì. L’esempio di una persona così franca ha cambiato il mio modo di vedere i rapporti di lavoro, come dovrebbero essere per le nuove generazioni… Non vorrei sembrare utopistico, ma dev’esserci anche l’amicizia sul lavoro, oltre a tempistiche adeguate al progetto che si ha in mano, che da noi erano disumane.

13/11/2014