Quelli che fanno il passo al di la’

E gli Hobbit sono davvero molto interessanti; sono il «tocco di Novecento» in questa saga medioevale, sono uomini (anzi, mezzi-uomini) così comuni da essere fuori dal comune nella Terra-di-Mezzo così simile al nostro mondo; sono tutto e il contrario di tutto, forse siamo noi, lettori ad un tempo impigriti e spaesati, nostalgici non si sa bene di cosa, in quest’alba di terzo millennio.
Abitano nei buchi come conigli, ma possono rivelare un coraggio da leoni, vivacchiano tra «cavoli e patate» ma vogliono incontrare «elfi e draghi», sono buffi, gretti e goffi ma tenaci e resistenti come pochi alle avversità, pieni di mille risorse ( in primis un inguaribile humour) che li rende capaci di sopravvivere ai più grandi disastri. E poi, soprattutto, sono pronti. 
Readiness it’s all, la prontezza è tutto, diceva Amleto, e questo è vero per alcuni tra gli abitanti della Contea, la dolce e verde regione collinare dove vegetano pigramente quasi tutti gli Hobbit della mitica Terra-di-Mezzo. Per alcuni, non per tutti: Tolkien parla solo degli Hobbit più “trasgressivi” nel senso etimologico del termine, quelli che fanno il passo al di là, che, spezzando le abitudini, si mettono in cammino e viaggiano oltre i tranquilli confini della Contea.
Sono questi Bilbo e poi suo nipote Frodo Baggins con i quali «ritorna nella letteratura contemporanea l’immagine dell’uomo che è chiamato a mettersi in cammino e, camminando, conoscerà e vivrà il dramma della scelta tra bene e male». A parlare con cognizione di causa è proprio Jorge Mario Bergoglio, che ha dedicato queste parole a Bilbo e Frodo nell’omelia per la Pasqua del 2008, in cui ha parlato anche di altri viaggiatori, Enea, Ulisse e, soprattutto, Abramo, che «chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava» ( Ebrei 11,8), proprio come Frodo che, animato da un « corazón inquieto », parte fedele ad una missione, ad una «vocazione», di cui però non conosce molti dettagli e non controlla l’esito finale (come è noto dirà, nel grave momento della decisione: «Prenderò io l’anello, ma non conosco la strada»).
Al cardinale Bergoglio, e oggi a Papa Francesco, sta molto a cuore questo tema dell’uomo in cammino, che si mette in strada realizzando così il benefico « éxodo de sí mismo », proprio come dovrebbe fare una Chiesa capace di uscire dalle paludi dell’auto-referenzialità e di affidarsi ad un cammino che non è stabilito né controllato ma appunto «obbediente», che nasce cioè dall’ascolto e dall’abbandono fiducioso. 

 

Tratto da Avvenire.it di Andrea Monda