QUELLO IN CUI CREDONO

Sonia è nata in Piemonte e i suoi genitori sono di origini romagnole. Vive a Modena da quando aveva quatttro anni, trasferita con la sua famiglia. È stata per molto tempo la baby sitter dei figli di Stefano. Cresciuti i bambini, venne assunta alla Spei nel settore marketing. È testimone di Geova.

 

Come è arrivata alla Spei?

Per sei anni, dal 2003 al 2009, sono stata la tata dei due figli di Stefano, il piccolo aveva solo due anni. Sono stata trattata benissimo, ero in ottimi rapporti con [Francesca], la madre. Entrai alla Spei nel 2007, quando uno dei bimbi era ormai cresciuto e le ore da tata non bastavano più per mantenermi. Lavoravo nel settore marketing, dovevo fissare appuntamenti telefonicamente. Finché non ho smesso definitivamente coi due bimbi sono rimasta alla Spei, facevo i due lavori contemporaneamente.

 

Come fu il colloquio in ufficio?

Feci il colloquio per il lavoro da baby sitter, quando sono entrata alla Spei Stefano mi conosceva già.

 

Le chiese se era credente?

Dopo la sua conversione ne parlammo a casa sua, mi fece le sue solite domande. Sono una persona religiosa, credente e praticante, testimone di Geova. Vivo la spiritualità in ogni fase della mia vita: ricordo ogni momento quello che sono, e mi comporto di conseguenza – nelle mie scelte, nel mio modo di trattare gli altri. Alla Spei era molto strano il fatto spirituale, sembrava più un’invasione di Stefano nelle vite personali della gente – il contesto stesso era strano: uno dovrebbe pregare quando gli pare, non per forza quando lo dice il capo [ride, ndr]

 

Non c’era libertà?

Per carità… La libertà c’era, se avessi voluto me ne sarei stata da un’altra parte quando volevo, non era mica un problema. Io non pregavo con gli altri al mattino: ero presente, ma non pregavo Maria – le Scritture dicono che l’unico intercessore delle nostre preghiere è Gesù, per arrivare a Dio. Maria è stata Madre di Gesù, una santa donna, e nient’altro.

 

La ditta è affidata a Maria. Questo le dava problemi?

No, assolutamente. Se Stefano ci crede fa bene. Ad ogni modo non vedo alcun potere particolare nell’affidare qualcosa a Maria. Se la fiducia di Stefano è quella lui sente questo aiuto, gli dà certezze e sicurezze, ma l’intercessione non c’è, rimane un fatto solo psicologico.

 

Alla Spei si sapeva della sua religione?

Si è imparato nel tempo, non è la prima cosa che dico alla gente. Non dev’essere quello a fare la differenza, come uno non scrive che è ateo quando fa una domanda di lavoro, sarebbe discriminante. In un contesto in cui esce il discorso non ho problemi a dare queste informazioni: suoniamo sempre i campanelli, di certo non ci nascondiamo molto [ride].

 

Alla Spei si vede parecchia gente con una gran fede, riscontrata anche nella quotidianità lavorativa. Qualcuno parla esplicitamente di intercessioni della Madonna nella vita della ditta…

Il cattolico ci crede, il culto di Maria è stato inserito a posteriori nella religione – anche se il cattolico dovrebbe essere cristiano, cioè seguire Cristo, e non Maria – è una contraddizione in termini.

 

Ha avuto qualche cambiamento durante il periodo Spei, di qualunque ordine?

No, alcuno.

 

Ha mai sentito la presenza di Maria?

No, non era quello che cercavo nella mia vita.

 

E di Gesù?

Non lì dentro. Se preghi Maria non puoi trovare Gesù, non ti può rispondere – “Chi stai cercando?” Per quello che ricordo, alla Spei si pregava solo Maria.

 

E un “Padre nostro”? Un “Gloria al Padre”?

Forse, non ricordo… Si parlava molto di Medjugorje…

 

E non ci credeva?

Ascoltavo Stefano. Credo alle apparizioni, ma ho una spiegazione diversa dalla sua. Se qualcuno dice di aver visto posso pensare che sia vero – esistono delle “creature spirituali”. Non metto in discussione la loro fede, si vede che credono veramente, su quello non c’è alcun dubbio. Ma non sono il mezzo per arrivare a Dio.

 

Se c’è un’apparizione, a qualcosa servirà?

Lo saprà chi la riceve, io non cerco le apparizioni. Ho una relazione personale con Dio e coltivo questa: conoscendolo e imparandolo a conoscere sempre di più, Lui e suo Figlio, che per me sono due persone ben separate – non è una Trinità: quello è un dogma cattolico, lo Spirito Santo non è una persona, ma la “forza di Dio”, il suo potere: è una credenza basata sulle Scritture. Noi Testimoni abbiamo uno studio molto attento della Bibbia perché pensiamo che solo lì ci sia il messaggio di Dio. Analizzando le Scritture si evince che il Figlio non ha lo stesso potere del Padre, è una creatura inferiore benché sia stata creata da Lui. Gesù non è al pari dell’Onnipotente. Con questo, ripeto, non posso mettere in discussione la fiducia che i cattolici hanno in Maria (anche se non interviene): quando uno crede molto in qualcosa, può tirar fuori delle forze che non pensava di avere. Stare alla Spei ha ribadito quello in cui credevo, senza mettermi alcun dubbio. Non mi sono mai affidata a Maria – probabilmente Stefano dirà che proprio questo è il motivo del mio insuccesso lavorativo in ditta, o del fatto che non sono più in Spei…

 

Non si sentiva fuori posto in ufficio? Non era a disagio? La fede in Maria e la preghiera non è un surplus, ma parte centrale della vita dell’azienda.

Quando sono entrata ho detto a Stefano che non avrei mai pregato Maria, ne avevamo parlato anche prima di essere assunta. Negli uffici Spei ero andata qualche volta con i bimbi, quando ero soltanto baby sitter. Da una vita incontro persone che non credono come noi – i testimoni di Geova sono una minoranza, otto milioni nel mondo – e col tempo si affina una forte forma di rispetto in quello in cui credono gli altri – che è poi anche un fatto di buona educazione. Non è difficile stare insieme a chi non condivide il nostro credo: molti di noi hanno una famiglia religiosamente divisa, ma non è difficile la convivenza, ci siamo abituati.

 

Credete nella Provvidenza di Dio, aldilà dei Sacramenti?

Nel fatto che possa intervenire ogni giorno sì: se segui la sua Parola per forza Dio interviene. Chiamiamola “Provvidenza”…

 

Durante il periodo Spei ha visto delle provvidenze particolari, in ditta o nella sua vita?

Non in particolare. Per me è normale pensare che ogni giorno sono al mondo perché lo vuole Lui, perché ogni giorno è donato da Lui, che ci tiene in vita, come tiene in vita il sole e le piante.

 

È vero che “i soldi li manda Gesù”, come dice Stefano?

Ogni giorno Dio mi dà la vita e in qualche modo provvede a tenermela. Nella Bibbia c’è scritto “chi non lavora neppure mangi”, quindi siamo responsabili anche di questo. È anche scritto che chi non provvede “ai suoi”, alla propria famiglia, è peggio di uno senza fede. Certo bisogna “lavorare per vivere” e non “vivere per lavorare”, in questo concordo con Stefano: il lavoro non dev’essere il centro della vita, ma solo un mezzo che permette di vivere. Non posso dire che i soldi li mandi Gesù e basta: è “un ritorno” che provvede a noi, ma noi dobbiamo fare la nostra parte: si fa fatica a dividere questa cosa. Gesù in qualche misura pensa a noi, ma non ce la regala.

 

“Aiutati che Dio ti aiuta”, come dicono i cattolici…

[ride] Siamo in vita per merito Suo, tutto dipende da Lui, ma ci ha anche insegnato a non aspettare che la mela cada dall’albero…

 

Secondo lei è una cosa buona la Spei? Non solo dal punto di vista della carità, o dell’assistenza (anche lo stato può farla). Ha una marcia in più?

[dieci secondi di silenzio] Mi viene da dire “quello in cui credono”.

 

Nel periodo Spei facevate opere di carità?

Una volta o due i ragazzi andarono in ospedale. Io non andai, non fui mai invitata.

 

Come mai?

Non lo so… Credo fosse più Stefano in difficoltà con me che io con lui, perché non mettevo assolutamente in discussione quello in cui credevo. Di questo sono più che convinta. E poi, a volte, gli dimostravo con la Bibbia in mano ciò in cui credevo, nei momenti giusti.

 

Come terminò la sua esperienza alla Spei?

Dopo qualche mese di cassa integrazione – non ero l’unica in quella situazione – venni licenziata. Non c’era più lavoro per me, evidentemente Stefano non riusciva più a tenermi. Alcuni dipendenti, durante il periodo di cassa, riuscirono a trovare un altro lavoro, e così si licenziarono [Serena] [Valentina]. Nel mio caso però il rapporto l’ha interrotto Stefano: mi ha chiesto se avevo la lettera di licenziamento ma non l’avevo – sarei voluta rimanere alla Spei – così mi ha licenziato.

 

Quindi è stata l’unica licenziata. Vi siete lasciati male?

Pensavo di aver lasciato bene, ma evidentemente non è stato così. Non ci siamo più sentiti, non ho più ricevuto telefonate né da Stefano né dalla sua famiglia, non so perché. Dopo tutti gli anni passati coi suoi figli…

 

Sembra sia rimasta una certa ostilità.

È brutto quando conosci molto bene una persona rimanerne delusa…

15/09/2014