RIFARE IL MIO LAVORO

Marco ha trent’anni e lavora a Formigine come disegnatore meccanico. Modenese doc, convive con una ragazza che conosce da due anni. Spigliato, divertente e di compagnia, ha lavorato alla Spei un anno e mezzo, dopo aver fatto il commesso.

 

Come e quando sei arrivato alla Spei?

Sono stato assunto nel 2011 e sono rimasto una anno e mezzo. Arrivai tramite un ragazzo che ha lavorato alla Spei e che conoscevo, [Samir]. Sapevo disegnare in 2D, ho imparato ad usare il 3D e poi ho iniziato a lavorare.

Eri disoccupato?

No, avevo un altro impiego, non inerente al settore meccanico. Ero commesso in una catena di profumi – un ripiego dovuto alla crisi incominciata anni e anni fa. Poi mi hanno presentato Stefano.

Il colloquio?

L’ho fatto, ho imparato il programma e Stefano mi ha assunto con un contratto a tempo indeterminato, otto ore al giorno. Lavoravo presso clienti esterni.

Quando hai fatto il colloquio sapevi già che la Spei aveva un’impostazione religiosa?

Sì, me l’aveva detto Samir. Ho fatto due chiacchiere con Stefano, m’era piaciuto, sia lui che il posto: mi dava l’opportunità di riprovare a fare il mio mestiere quindi… È andata bene [ride, ndr].

L’aspetto religioso non ti dava fastidio?

No.

Sei credente?

Mmm, sì e no. Penso che se ti comporti bene più o meno dovrebbe venirti del bene… Sono credente “il giusto”, non uno di quelli fissati. Ognuno è libero di fare e pensare quello che gli pare, basta non infastidirsi a vicenda…

Alla Spei facevate la preghiera ogni mattina?

Mi sembra di sì. Io comunque arrivai in concomitanza con un nuovo lavoro: a Stefano serviva un ragazzo da mandare a lavorare fuori. Ero già disegnatore, dovevo soltanto imparare il 3D: come ho cominciato sono stato mandato fuori. In ufficio non c’ero mai, mai mai.

Non partecipavi alle riunioni del giovedì?

Solo ogni tanto ci passavo, ma raramente…

Come mai non ci andavi spesso?

Uscivo da lavorare, andavo a casa, avevo altre mille cose da fare… Sono un po’ sulle mie, ecco.

Hai sempre lavorato come esterno?

Sì. Ho fatto un anno in una ditta a Baggiovara, poi ho passato due mesetti dentro gli uffici Spei, e poi sono tornato in un’altra ditta fino al maggio dell’anno scorso, quando mi sono licenziato.

Come mai?

Per avere altre prospettive di lavoro… Non avevo nulla contro Stefano.

Avevi già trovato altro prima di licenziarti?

Avevo sentito due o tre cose in giro, l’avevo detto a Stefano… Era dispiaciuto. In quel periodo ero fermo, il lavoro era in calo, così mi sono guardato attorno. Adesso faccio sempre il disegnatore ma in un’altra ditta, da un anno e tre mesi.

 

Quando non c’era lavoro alla Spei venivi pagato di meno?

No no, non ero pagato di meno. Non era quello il problema. Era già la terza volta che calava il lavoro e io non volevo stare troppo fermo, ho bisogno di “macinare”. Molta gente alla Spei non è disegnatore, ha solo bisogno di lavorare… E Stefano giustamente gliene dà.

 

Cosa hai fatto nei due mesi di inattività?

Qualche lavoretto in ufficio: manutenzioni per clienti, corsi di aggiornamento sui programmi che utilizzavamo, oppure un po’ di cassa integrazione – un mese di stop in tutto.

 

Alle riunioni, a parte le preghiere spicciole, ricordi qualcosa che diceva Stefano a proposito della filosofia Spei? “Credere nel cambiamento”, magari qualcosa sul volontariato…

Qualche volta si andava a “Porta aperta”, avevano iniziato il turno poco prima che io andassi via… Ci sono andato una sola volta, ma non mi piaceva: la gente che va là non so quanto sia veramente bisognosa. Avevo detto a Stefano che certe cose mi infastidiscono: ci può essere l’extra che spaccia e che va là in modo arrogante… Non mi piacciono assolutamente queste cose…

Ce ne sono senz’altro di tipi così. Stefano cosa diceva?

Diceva: <<Dai Marco… Non condivido quello che dici ma è una cosa “aperta”: se vuoi venire ok, altrimenti rimani pure a casa>>. Comunque degli arroganti ce n’erano, rispondevano male: se uno ha fame e gli danno da mangiare gratis, penso che bisogna scindere dal fatto “chiesa, credente o no”, si tratta di buone maniere e quelli non mi piacciono. <<Non mangi il maiale? Vieni qua e mangi quello che ti danno, non devi rompere il cazzo>>. Vado nei matti, quei posti non van bene per me… [ride].

Anche alla Spei, secondo te, c’è qualche approfittatore?

No, non credo… Ad ogni modo non ho mai conosciuto bene i dipendenti, lavoravo sempre fuori… Ma approfittatori no. Poi hai visto com’è: a volte il lavoro c’è, a volte no… Ad ogni modo io sono uno che non fa domande, e non perché non m’interessi degli altri, ma perché lascio liberi tutti di dire o di non dire quello che pensano. Non ho conosciuto molte delle dinamiche interne alla ditta.  

Qualcuno si arrabbia se manca il lavoro…

Beh, bisogna anche farsi la domanda: <<Come mai il lavoro non c’è?>>.

Magari qualcuno non lavora bene.

Se sei uno studio tecnico e devi fare dei disegni… È logico che non tutti lì dentro possono fare dei disegni… Stefano fa quello che può, e poi è spesso a La Spezia.

Sei uno che fa poche domande. Lo stile Spei sembra sia all’opposto, ci si deve interessare degli altri. Anche durante le riunioni, si cerca di far “saltar fuori” i problemi, siano anche personali. Hai sperimentato una cosa del genere?

È successo che se qualcuno aveva dei problemi saltassero fuori… Al tempo eravamo solo in cinque: [Oana], [Verucchi], [Fabrizio]… Ma non erano casi disperati!  

Ricordi che i dipendenti fossero “spinti” ad interessarsi dei fatti degli altri? Non per malalingua, per un fatto di fraternità.

No… Interessamenti della serie “chiedere come stai” sì, ma niente di anormale, in ogni ufficio funziona così. Logico che se Stefano dice a qualcuno <<Stai vicino al tale>> l’interesse è maggiore.

È capitato? A te è mai stato “affidato” qualcuno?

No, a me no… Poi io ero sempre fuori, a parte quei due mesi di fermo. E spesso, anche in quei due mesi, ero da solo in ufficio…

Tornando al colloquio, Stefano ti fece il discorso sulla Provvidenza?

Sì… Mi disse che se arrivava il lavoro era la Madonna a mandarlo… Il “caso”, perché alla Spei arriva tutto “per caso”…

E tu cosa hai pensato?

Sarà così [ride]… Basta che si lavori! Se a far del bene arriva il bene, a far del bene arriverà anche il lavoro!

È stato così?

Io ho iniziato a lavorare subito, poi non so se il lavoro fosse già lì, pronto per partire. Stefano mi aveva avvisato che una ditta stava cercando, ma poi sarebbe dipeso da me: se sei un consulente esterno, e alla ditta non piaci, ti mandano via… Dipende tutto da te.

“Credere nel cambiamento”: la Spei assume spesso persone con qualche problema personale da risolvere. Domanda molto personale: com’era la tua situazione quando sei arrivato?

Io avevo qualche problema con la mia ex morosa, ma nulla di che… Il mio vero problema era quello di trovare da lavorare come disegnatore, e mollare il posto di commesso. Certo che non potevo mica paragonarmi a qualcuno che aveva problemi seri… Magari ero “incasinato” io, avevo voglia di evadere, la storia dell’ex morosa da lasciarmi alle spalle. Con un nuovo lavoro la testa si butta molto nella “nuova cosa”, si pensa solo a quello… Avevo voglia di cambiare ed è arrivato il cambiamento, ecco. Posto nuovo, colleghi nuovi: un cambiamento c’è stato. Andavo a lavorare a Baggiovara, è cambiato ogni ritmo…

Saresti stato disposto a fare qualunque tipo di lavoro?

No no, cercavo come disegnatore, il lavoro che avevo già fatto prima di fare il commesso. Tra l’altro ero responsabile in quel negozio, in solo un anno e mezzo mi fecero anche proposte di crescita interessanti – ruoli fuori dal negozio, con più responsabilità verso gli altri, e anche uno stipendio più alto… Era una bella prova.

Ma tu volevi cambiare.

Sì, volevo cambiare… Poi chissà se ho fatto la scelta giusta o no [sorride].

Altri cambiamenti avvenuti?

No… Ho cambiato il lavoro, una nuova vita… Magari, sotto i consigli di Stefano, avevo una vita un po’ più regolare: meno baldoria e più tranquillità. Col nuovo lavoro è stata tutta una conseguenza… “Spei credere nel cambiamento”: il cambiamento c’è stato. Sono stato reintrodotto nel mondo dei disegnatori, ho imparato un programma 3D… Per me è un gran cambiamento. Stefano mi ha appoggiato, poi è dipeso da me…

Secondo te, Stefano si aspettava che rimanessi più tempo alla Spei? Hai detto che era dispiaciuto quando ti licenziasti… Cosa disse?

Mi disse <<In bocca al lupo>>, e che sicuramente avrei fatto bene dove andavo. Per un po’ non l’ho più sentito, poi qualche mese dopo sono andato a trovarlo in ufficio, passavo di lì e mi sono fermato.

Tu eri uno di quelli “bravi” nel disegno? Sapevi già farlo…

Sì… Infatti Stefano ci rimase un po’ male. Secondo me per un po’ non voleva vedermi! [ride]

Ultima domanda. Dal punto di vista spirituale, il periodo Spei ti ha un po’ cambiato? Magari nella preghiera…

Un pochino di più pregavo, sì… In modo personale, a casa mia… Ci ho provato…

Che preghiere erano?

Diciamo – le poche volte che l’ho fatto, eh – che erano per qualcuno a me caro… Un’Ave Maria, o due o tre, per le persone a cui tenevo e che avevano bisogni particolari, magari una decisione da prendere. Più che un “chiedere” era un <<Fa che facciano la scelta giusta…>>. Non è che uno non prega mai e comincia a chiedere – era più un <<Maria fai in modo che…>>.  

10/10/2014