SE LA SPEI ASSUME GENTE COME ME

Quarantacinque anni, marocchino, Aziz è sposato, ha una bimba di cinque anni ed è in attesa del secondo figlio. Vive a Mirandola, in un piccolo appartamento all’ultimo piano di un palazzo del centro storico. Arrivò in Italia da solo, nel 2002, dopo aver frequentato tre anni della facoltà di Biologia nel proprio paese. Visse in Puglia e in Toscana, facendo diversi lavori. Nel 2007 lo raggiunse la moglie, Souad. Poi, di passaggio, arrivò a Modena…

 

Come sei arrivato alla Spei?

Era l’aprile del 2008, ero appena ritornato da un viaggio ad Amsterdam, dove trascorsi le mie ferie insieme ad alcuni amici – al tempo lavoravo in un vivaio, in Puglia. M’ero fermato a Modena alcuni giorni, ospite di un amico, con lo scopo di trovare un lavoro – la sorella di mia moglie [, Souad,] abitava a Vignola già da qualche tempo, e stavo valutando la possibilità per un ricongiungimento famigliare. Se non avessi trovato impiego, sarei ritornato in Puglia. Dopo giorni spesi ad iscrivermi presso tutte le agenzie interinali della zona, decisi di portare di persona il mio curriculum nelle zone industriali di Modena. Un giorno, mentre stavo cercando l’ingresso di una ditta – non lo trovavo, ero sul lato sbagliato, dalla parte dei magazzini – vidi Stefano – non l’avevo mai visto prima – nella sua macchina. Gli feci un cenno e lui accostò. Gli chiesi se sapeva dov’era l’ingresso principale. Mi chiese a sua volta <<Perché?>>, gli dissi che stavo cercando lavoro. Allora Stefano mi diede il suo biglietto da visita e promise di aiutarmi. Lo salutai dicendogli che avevo fiducia in lui, convinto che sarebbe venuto fuori qualcosa di buono. Fu un caso, il destino.

 

Poi facesti il colloquio…

Sì, il giorno stesso andai in ufficio per fare il colloquio. Gli parlai dei miei lavori precedenti, della mia esperienza all’Università nella facoltà di Biologia, in Marocco, e dei miei spostamenti in Italia. Col computer non sapevo fare nulla. Rimasi in ufficio una ventina di giorni per imparare i fondamenti dei programmi “Word” ed “Excel”, poi venni assunto. Col tempo iniziai a lavorare presso ditte esterne: all’inizio in una grossa biomedicale di Mirandola [Sorin], dove svolgevo compiti di scansione dei documenti e controllo dei server; nel 2011 imparai ad utilizzare PRO-E, pian piano, così da poter lavorare come disegnatore in una ditta di Modena [CNH], fino alla fine del 2012. Da lì il lavoro è cominciato a mancare, e sono rimasto fermo pur essendo ancora un dipendente Spei.

 

Sei pagato lo stesso?

Sì, non a stipendio pieno ma qualcosa arriva, riesco a tirare avanti la mia famiglia – anche mia moglie, che pure ha lavorato due anni alla Spei, è disoccupata. Se non lavoro sto a casa, oppure vado in ufficio a studiare qualche programma, in attesa che si muova qualcosa.

 

Un musulmano in un ufficio di cattolici… Anche tu partecipavi ai momenti di preghiera?

Quando ho iniziato a lavorare alla Spei, la riunione di lavoro e di preghiera era ogni lunedì mattina: eravamo otto dipendenti, al tempo, e il lunedì si cominciava a lavorare alle 12 – solo negli ultimi anni la riunione è stata spostata al giovedì sera. Da musulmano credo in Maria, Madre di Gesù, il quale è considerato “profeta prima di Maometto”. I lunedì, Stefano ci parlava spesso delle apparizioni mariane a Medjugorje, e noi ascoltavamo. Poi c’era la preghiera vera e propria: io ero presente assieme agli altri – recitavo il Corano dentro di me, oppure stavo zitto. Solo una volta ho provato a dire un’Ave Maria, ma poi ho smesso: non ero contrario, ma non è la mia religione. Col tempo ho smesso di partecipare alle riunioni. Pensavo: <<Già non pratico da musulmano, figuriamoci se mi metto a praticare da cristiano>>. Non aveva molto senso. Inoltre quelle riunioni non mi piacevano, non ero interessato.

 

Non credi in Dio?

Ci credo, ma non dico le preghiere e non faccio il digiuno o l’astinenza. Mia moglie invece è molto praticante.

 

Con tutti i momenti di preghiera cui hai assistito in ufficio, non ti è mai venuto in mente di ricominciare a pregare?

No, mai…

 

Hai mai visto segni della Provvidenza?

Stefano dice spesso che il lavoro arriverà, che bisogna avere fiducia in Dio, ma poi fatti non se ne vedono. Una volta mi spinse addirittura a trasferirmi a Sassuolo, sperando di trovare lavoro lì. Ma il lavoro c’era solo per alcune settimane: erano solo chiacchiere, forse per mettermi calmo. Ci litigai, gli dissi di non propormi mai più una cosa del genere, uno spostamento senza la sicurezza del lavoro.

 

Forse Stefano voleva mettere alla prova la tua fiducia in Dio?

Non sono fesso, mi ha chiesto una cosa che non era giusta. Se ti dico di buttarti giù dalla moschea, ti butti? Mi butto solo se ci sono i pompieri di sotto con una spugna di dieci metri. Se ci fosse stato lavoro sarei partito, cambiare casa nell’incertezza no. Stefano è una brava persona, per me è come un fratello. Se qualche volta ci è capitato di litigare per la mancanza di lavoro – io mi “scaldo” con facilità – la colpa non è sua ma della crisi economica. Spesso gli ho consigliato di assumere un professionista, spendibile sia nella formazione degli altri dipendenti sia nel disegno meccanico: non mi ha mai ascoltato, credo sia perché costerebbe troppo… Secondo me, se la Spei continua ad assumere solo gente come me, non è possibile tirare avanti.

 

La Spei non è solo un ufficio tecnico, lo scopo è un altro…

Stefano ha cercato di mandarmi con gli altri colleghi a fare opere di carità – negli ospedali, nelle prigioni, nelle mense dei poveri. A volte li accompagnavo, ma non sono mai entrato. Non ha senso che un musulmano preghi per un cristiano. Avevo simpatia [compassione, ndr] per chi soffriva, ma non potevo pregare con le Ave Maria.

 

Questi anni ti hanno cambiato?

A me in questi anni è nata una figlia, ho trovato lavoro, faccio una vita più stabile. Anche in questi tempi di crisi lavorativa, ho fiducia in Dio: penso che, come ho incontrato Stefano otto anni fa, potrò incontrare qualcun altro sulla mia strada. Non si può mai sapere.

28/08/2014