E’ Giovedì, esco dal lavoro dopo una giornata come tante.
Ma mi aspettano alla SPEI : alle 18 ho un appuntamento con un ragazzo che viene da Palermo. E’ sempre emozionante incontrare qualcuno che è venuto da così lontano per te.
Sono già in ritardo. Attraverso la strada, facendo un sentiero obbligato nella neve. Vedo con la coda dell’occhio una donna che si dirige verso di me; tra poco la incrocerò.
La riconosco, è Silvana, la zingara che abita nella roulotte in fondo al parcheggio. Sta spingendo nel freddo gelido di quella sera un passeggino; sopra, un grosso contenitore di plastica vuoto.
“Ciao”, mi dice.
“Ciao”, rispondo.
Poi subito aggiunge: “ Senti, sono davvero in una brutta situazione, puoi darmi dei soldi?”. “Vediamo cosa ho”. E dal mio borsello tiro fuori venti euro. “Sono per te”.
“Per favore, guarda se hai ancora qualcosa”.
“No, non ho nient’altro”.
“Allora puoi accompagnarmi alla Coop? Così posso comprare i pannolini”.
Silvana ha due figlie piccole, le ho conosciute quest’estate con lei; la più piccola deve avere poco più di un anno e si chiama Emily.
“Devo andare in ufficio, non ho tempo”, le dico.
Ma lei insiste, e così le faccio cenno di salire; alla fine la Coop è lungo la strada, non è poi così dispendioso e problematico. Durante il tragitto mi parla di suo fratello, diciannovenne, che di sera si collega ad internet con il cellulare e recita il rosario. “Lui” –dice- “sa tutte le preghiere, io invece so dire solo: Maria prega per noi peccatori..quella lì, sai…”.
Capisco che alla fine quella frase che le è rimasta impressa è proprio quella da dire.
Silvana mi racconta che è un periodo particolare, in cui le stanno succedendo diverse cose spiacevoli: sua nonna sta male, suo zio ha fatto un incidente in macchina e lei ha avuto dei forti giramenti di testa. Quando china il capo in avanti si sente scoppiare le tempie.
La settimana scorsa hanno dovuto accompagnarla al Pronto Soccorso, ma l’hanno fatta aspettare troppo, e così dopo ben cinque ore di attesa è tornata a casa. Poi si è fatta vedere da un medico, che le ha prescritto una tachipirina: lei non ne aveva con sè, così alla fine ha optato per una bustina di Oki. Nessun miglioramento considerevole, il problema non si è risolto.
Le chiedo se ha mangiato. “Sì”, mi risponde. Eccoci alla Coop.
Intanto mi chiamano dall’ufficio, il ragazzo dell’appuntamento è arrivato. “Sarò lì in pochi minuti”, dico.
Scendendo dalla macchina, Silvana mi dice: “faccio in cinque minuti, mi aspetti?”.
“Ma non posso, davvero”, le rispondo.
“Dai, come faccio a tornare? Dai, mi riporti subito”, aggiunge con tono deciso.
A quel punto le dico di sì, ma non sono sicuro che lo farò. Mentre la aspetto, faccio il giro del parcheggio con la macchina per mettermi nella direzione d’uscita. C’è un freddo intenso fuori. Spuntano altre macchine, ma il traffico si ferma subito. Un uomo in carrozzina attraversa la strada e, poiché una macchina fa come per evitarlo, lui si arrabbia e comincia ad inveire contro il conducente, che poi si rivela essere una giovane donna.
Capisco che devo aspettare Silvana. “Chissà però quando uscirà”- penso.
Magari verrà fuori con uno stuolo di uomini dietro che la inseguono, lei correrà verso la mia macchina, e io lì a fare da palo, col motore acceso, pronto a scappare.
“Non c’è alternativa”, penso, “per aiutare bisogna rischiare, essere uno di loro. E’ un rischio che loro apprezzano”.
Invece la intravedo, è già alla cassa, nessuno la insegue; entra in macchina, con una cassa d’acqua minerale in mano e i pannolini. Tutta contenta mi dice: “Per fare prima sono passata davanti a tutti in coda”. Come biasimarla, le avevo messo io fretta!
Torniamo dove abbiamo lasciato il passeggino, lungo il viaggio mi racconta ancora qualcosa della sua famiglia; capisco che la ragazza che avevo incontrato qualche tempo fa sempre lì al parcheggio e che le assomigliava, e che mi aveva detto di salutare Silvana da parte sua, non era sua sorella ma sua zia.
Arrivati, missione compiuta, Silvana mi saluta e scende dalla macchina; io riparto per l’ufficio, quando arrivo ho quasi un’ora di ritardo.
Mi aspetta Nizar, ma questa è un’altra storia.