“Scrive S.Giovanni Crisostomo che quando il Signore dona ad alcuno la grazia di patire, gli fa maggior grazia che se gli donasse la potestà di risuscitare i morti; perché nel far miracoli l’uomo resta debitore a Dio, ma nel patire Dio si rende debitore all’uomo. “
Così dice S.Alfonso nel ricordare quanto è necessario che la vita di fede passi attraverso varie tappe della sofferenza, i cui gradini sono colmi di gioia per l’anima che sa riconoscere la Sua presenza.
Poiché non siamo noi a salire verso di Lui, in virtù delle nostre forze, ma è Lui che ci attira dopo essersi abbassato, sollevandoci fino a Sé.
Soffri con gioia, anima mia, sanguina se necessario, affinché Lui sia più vicino, non c’è bene terreno che possa colmare la sua assenza!
Alleggerita, possa tu volare fino a Lui, come accadeva a S.Teresa, che santificata dalla sofferenza si alzava dieci centimetri e più da terra durante la preghiera.
Ancora dice il santo: “Apparve un giorno Gesù Cristo alla beata Battista Varano e le disse che tre sono i benefici maggiori che egli fa alle anime sue dilette: il primo di non peccare, il secondo, che è maggiore, di far opere buone, il terzo che è il massimo, di patire per il suo amore. Onde S.Teresa diceva che quando alcuno fa per Dio qualche bene, il Signore glielo rende con qualche travaglio.”
Ma nella pazienza e nella sopportazione noi troviamo la pace, quella vera, unica, divina e cominciamo a vivere come se fossimo già in Paradiso. Una sensazione di libertà dalle umane preoccupazioni, pregustando il Bene che sarà.
Siamo come le vergini che aspettano lo Sposo che torna: un’ attesa ricca di delizie, delicate anticipazioni, notizie gridate nel vento:
“Gli storpi camminano, ai poveri è annunciata la buona novella, Lui é qui, sta arrivando!”