Stefano I d’Ungheria, o santo Stefano d’Ungheria (in ungherese: István király, “re Stefano”, o Szent István, “santo Stefano”) (Strigonio, 969 – 15 agosto 1038), venerato come santo dalla Chiesa cattolica e ortodossa, è stato il primo re ungherese, fondatore dello Stato e della Chiesa ungheresi. Il luogo della morte è incerto, Székesfehérvár, Szentkirály (Esztergom) o Buda, secondo le varie fonti.
In suo ricordo, nel 1764, l’imperatrice Maria Teresa, che era anche regina d’Ungheria, istituì l’Ordine Reale di Santo Stefano d’Ungheria.
Biografia
Figlio del capotribù magiaro Géza, ancora essenzialmente pagano (sua madre era pecenega, uno dei vari popoli di lingua “turca”), e di Sarolta, figlia di Gyula, reggente della Transilvania[1], nacque nella città di Strigonio (Esztergom). Alla nascita ebbe il nome di Vajk (la cui radice, di origine turca[senza fonte], in ungherese riconduce al significato di burro, quindi ricco), ma all’età di 10 anni, gli venne imposto un nuovo nome cristiano, Stefano (in onore del protomartire santo Stefano, patrono della chiesa di Passavia), al momento del battesimo, prerequisito per l’accettazione della corona giunta da Roma per il tramite di Adalberto di Praga.
Secondo lo storico Gyula László, sostenitore in passato anche della teoria della “doppia conquista della patria”,[2] Stefano sarebbe appartenuto ad una etnia turca (e avrebbe quindi parlato anche una lingua turca)[3].
Intorno al 995 sposò Gisella di Baviera, figlia di Enrico II il litigioso e di Gisella di Borgogna. Stefano e Gisella ebbero almeno tre figli: due maschi, Imre (poi canonizzato come sant’Emerico) e Otto, e una femmina, Edvige. Stefano sopravvisse a tutti i suoi figli.
Tra il 995 e il 997, Stefano (che si faceva ancora chiamare “Vajk”) fu principe di Nitra (nell’odierna Slovacchia).
Stefano riuscì ad imporre la propria supremazia su tutti gli altri nobili magiari, primo fra tutti suo zio Koppány, potente guerriero e secondo la tradizione erede legittimo di Géza, che era rimasto pagano. La vittoria di Stefano su Koppány fu possibile anche grazie ai rinforzi dati dai Germani. In quell’occasione Stefano, solitamente mite, mostrò la sua ferocia, facendo squartare lo zio sconfitto.[4] Stefano divenne principe degli Ungheresi in Transdanubia nel 997, alla morte del padre e riuscì a portare a compimento l’unificazione, sotto di sé, di praticamente tutte le tribù ungheresi nel 1006. La tradizione ungherese vuole che Stefano sia stato elevato al rango di re il 20 agosto 1000. Per l’occasione papa Silvestro II inviò a Stefano una magnifica corona d’oro e pietre preziose, accompagnandola con la croce apostolica ed una lettera di benedizione, riconoscendo così ufficialmente Stefano come il re cristiano d’Ungheria. L’incoronazione ebbe luogo il 1 gennaio 1001, (altre fonti datano l’evento al Natale del 1000). L’ascesa al rango reale furono anche favoriti dall’imperatore Ottone III del Sacro Romano Impero nel suo disegno di costituzione di un grande impero cristiano.
Stefano avrebbe voluto abdicare per ritirarsi ad una vita di contemplazione spirituale affidando il regno nelle mani dell’unico figlio ancora vivente, Imre, tuttavia nel 1031 questi venne ferito a morte in un incidente di caccia. Dall’elogio funebre per il figlio:
« Per un imperscrutabile disegno divino la morte lo ha preso,
così che la malvagità non possa corromperne l’anima
e che ingannevoli pensieri non possano deviarne la mente –
come il Libro della Sapienza insegna per le morti premature. »
(Stefano I d’Ungheria)
Portò il lutto per la morte del figlio Imre (che era il principe ereditario e, per quanto si sa, l’unico dei tre figli ad aver raggiunto l’età adulta) per moltissimo tempo, il che finì per influire negativamente sulla salute di Stefano. Quando si riprese, non riuscì più a tornare al precedente vigore[senza fonte]. Senza più figli, non gli riuscì neppure di trovare tra i suoi consanguinei qualcuno che fosse contemporaneamente in grado di governare con capacità il paese e desideroso di preservare la fede cristiana nel regno. Senza aver scelto un erede, Stefano morì ad Albareale (Székesfehérvár) (una città da lui fondata nell’Ungheria centrale) nel giorno della festa dell’Assunta e là fu sepolto.
Non essendovi discendenti diretti a reclamare il trono alla sua morte, avvenuta nel 1038, il nipote Pietro Orseolo (suo erede nominato, figlio di Maria, sorella di Stefano, e del doge di Venezia Ottone) e il cognato Samuele Aba (marito della sorella minore di Stefano) si contesero la corona. Seguirono nove anni di instabilità finché il cugino di Stefano, Andrea I venne incoronato re d’Ungheria nel 1047.
Il governo
La statua dedicata a Stefano I a Miskolc
Un’altra statua, a Budapest
Stefano suddivise l’Ungheria in 40-50 unità amministrative e continuò l’opera del padre applicando il sistema di organizzazione decimale. Organizzò l’Ungheria in dieci diocesi, imponendo che ogni dieci villaggi fosse eretta una chiesa il cui parroco era mantenuto a spese dei villaggi medesimi. A Stefano si debbono le cattedrali di Albareale e di Strigonio, il convento di Veszprém, l’abbazia benedettina di Pannonhalma (oggi riconosciuta come patrimonio dell’umanità dall’UNESCO) e il monastero dei Santi Pietro e Paolo ad Óbuda. All’interno delle abbazie e dei monasteri trovarono sede le scuole che presto divennero importanti centri culturali. Alla corte di Stefano operarono, tra gli altri, sant’Astrico come consigliere e san Gerardo Sagredo come tutore per il figlio Imre.
Stefano contrastò le usanze pagane, mise fine all’ancestrale nomadismo degli Ungari,[5] e favorì la diffusione del Cristianesimo con numerose leggi, tra cui quella che aboliva l’antico alfabeto runico magiaro e rendeva il latino lingua ufficiale. Stefano « proibì i riti tradizionali e il culto degli idoli, fondò monasteri ed episcopati e cristianizzò interamente il sistema politico e la struttura della società »[6]; fece inoltre generose offerte alle chiese, visitandole spesso di persona e sovraintendendo alla loro costruzione. Per compiere il suo disegno di cristianizzazione dell’Ungheria, « non si fece scrupolo di ricorrere a battesimi forzati ».[7] Secondo la tradizione devozionale, non di rado si travestiva da contadino quando era in viaggio ed offriva denaro ai poveri che incontrava;[senza fonte] in un’occasione, sempre secondo la leggenda, venne picchiato e derubato da un gruppo di questuanti a cui stava versando un obolo, tuttavia li perdonò e risparmiò loro la vita.
Invitò all’apertura verso gli stranieri e – diremmo oggi – al multiculturalismo, infatti, nei suoi avvertimenti al figlio Imre, così scriveva:
« Gli ospiti e gli stranieri devono occupare un posto nel tuo regno. Accoglili bene e accetta i lavori e le armi che possono recarti; non aver paura delle novità; esse possono servire alla grandezza e alla gloria della tua corte. Lascia agli stranieri la loro lingua e le loro abitudini, giacché il regno che possiede una sola lingua e da per tutto i medesimi costumi è debole e caduco (“unius linguae, uniusque moris regnum imbecille et fragile est”). Non mancare giammai di equità né di bontà verso coloro che sono venuti a stabilirsi qui, trattali con benevolenza, affinché essi si trovino meglio presso di te che in qualsiasi altro paese. »
(Stefano I d’Ungheria)
Il culto
La canonizzazione
Poco dopo la morte di Stefano, iniziarono le segnalazioni di miracoli di guarigione che sarebbero accaduti nei pressi della sua tomba. Stefano venne canonizzato da papa Gregorio VII nel 1083 come santo Stefano d’Ungheria. I cristiani lo venerano come santo patrono d’Ungheria, dei re, dei morti prematuri, dei lavoratori edili, degli scalpellini e dei muratori. La sua festa liturgica ricorre il 16 agosto, mentre gli ungheresi lo venerano il 20 agosto, giorno in cui le sue spoglie furono trasferite a Buda, ma anche il giorno in cui sarebbe stato eletto re; in Ungheria è anche festa nazionale.
Nel 2000 Stefano è stato canonizzato anche dalla Chiesa ortodossa, primo nuovo santo ad essere dichiarato tale da Cattolici e Ortodossi dopo lo scisma delle due chiese.
Le reliquie
La principale reliquia è la mano destra (o, per i devoti, “la sacra destra”) che viene portata in processione in occasione della festa del 20 agosto. La storia della mano destra ebbe inizio quando un monaco la trafugò nel proprio monastero, dopo averla amputata e sottratta dalla tomba di pietra in cui le spoglie del re erano state trasferite per maggiore sicurezza durante il periodo di rivolte seguito alla sua morte. Durante il periodo di dominazione turca si persero le tracce della mano. Secoli dopo venne ritrovata nella città dalmata di Ragusa, e poté tornare in Ungheria grazie all’imperatrice Maria Teresa che la affidò ad un convento. In seguito fu traslata nella basilica di Santo Stefano a Budapest, dove ancora oggi è custodita.
Frammenti ossei sono custoditi in numerose chiese ungheresi.
La corona
Secondo alcuni sarebbe infondata la tradizione che identifica la corona ricevuta a Roma con la corona di Santo Stefano (o sacra corona d’Ungheria) oggi custodita nel parlamento ungherese[senza fonte]. Secondo questa teoria, sul letto di morte Stefano affidò la nazione alla Vergine Maria dichiarandola patrona dell’Ungheria e al
La parte più antica della corona conservata a Budapest, probabilmente di fabbricazione bizantina, fu donata dall’imperatore romano d’Oriente “al nostro fedele alleato Géza, re di Turchia”, come recita la scritta in greco che sta sulla corona stessa (da notare che per lungo tempo l’Ungheria venne anche chiamata “Turchia”) fine di rappresentarne la devota sottomissione rimandò la corona a Roma. La corona rimase custodita nei sotterranei del Vaticano fino all’inizio del XVI secolo quando se ne perse definitivamente traccia. A rafforzare l’interpretazione che le due corone siano oggetti distinti, vi è sia il fatto che si hanno notizie sull’uso dell’altra corona solo a partire dal XIII secolo, sia la fattura di quest’ultima non esattamente in linea con i canoni sacri (la croce che sormonta la corona è fissata con un chiodo che trafigge la figura del Cristo e gli apostoli non sono disposti nel corretto ordine). A questa disputa non sarebbero nemmeno estranee ragioni politiche, in quanto, secondo un’antica legge ungherese, è re colui che possiede fisicamente la corona.
Riconoscimenti
Considerato un eroe nazionale ungherese una sua statua è stata posta nel colonnato della Piazza degli Eroi in Budapest.
Note
^ Secondo alcune fonti polacche la madre sarebbe stata invece la principessa polacca Adelajda della dinastia dei Piast, seconda moglie di Géza, dopo la morte di Sarolta; tuttavia questa versione è giudicata infondata dalla maggioranza degli storici
^ Questa teoria – detta della doppia conquista della patria -, dopo una certa fama durante durante i primi decenni del ‘900 (in relazione alla diffusione di panturchismo e turanismo) ed anche durante il regime socialista, è stata notevolmente ridimensionata dagli studi più recenti
^ Gyula László, Árpád népe [Il popolo di Arpad], Budapest: Helikon, 1988 [2005](riedizione di una delle opere, pubblicata nel 1986 e nel 1988, come raccolta in unico volume di scritti già pubblicati nel 1944), p. 38: Árpád népének uralkodó osztálya és lovashadserege feltehetõen török volt, szállásterületük helynevei nagyrészt magyarok (la classe dominante e la cavalleria armata del popolo di Arpad erano presumibilmente turche, mentre i nomi delle località d’insediamento erano in gran parte ungheresi. Molti studiosi successivi ritengono le teorie di Gyula László oramai superate e riflettenti la cultura di un certo periodo. (Relativamente ai contatti tra Magiari e Turchi, si vedano anche le voci Panturchismo e Ármin Vámbéry).
^ Dag Tessore, Il re santo dal pugno di ferro, in “Medioevo”, n° 12, dicembre 2001, p. 75.
^ Ibidem, p. 73.
^ Idem.
^ Ibidem, p. 75.
Chiese dedicate al santo
Chiese cattedrali
Cattedrale di Budapest, Budapest, Ungheria
Cattedrale di Zagabria, Zagabria, Croazia
Chiese parrocchiali
Padova, Veneto, Italia: Chiesa parrocchiale dei Servi della Carità, con annesso oratorio dell’opera don Luigi Guanella di Santo Stefano re d’Ungheria (Via Ciamician, in quartiere Brusegana)
Pustiana, Pârjol, Moldavia, Romania: Chiesa parrocchiale di S. Stefano d’Ungheria
Skorenovac, Voivodina, Serbia: Chiesa parrocchiale di S. Stefano d’Ungheria
Altri luoghi di culto [modifica]
Roma, Italia, Santo Stefano Rotondo, Celio, Cappella di Santo Stefano d’Ungheria
Città del Vaticano, Roma, Italia, Catacombe di San Pietro, Cappella Ungherese: Statua di Santo Stefano
Città del Vaticano, Roma, Italia, Sacrestia Nuova, resti della Chiesa di Santo Stefano d’Ungheria, distrutta nel XVIII secolo
Altre opere d’arte legate al santo [modifica]
Edward Burne-Jones, The Last Sleep of Arthur in Avalon, 1881.
Voci correlate
Ungheria
Corona di Santo Stefano