Tanto bella ti appare l’anima

Ma un’altra opera l’aveva intanto affascinato, il lebbrosario di Marituba, sperduto nella foresta, anticamera di un inferno, da cui non si poteva più uscire e proibito ai sani di entrare.

Marcello Candia vi giunse la prima volta nel 1967 e fu fermato dalle guardie. Era un villaggio di 1000 lebbrosi senza nessuna assistenza, senza pace, senza morale, ammassati in locali putrescenti, infestati da topi ed insetti.

Cominciò con l’instaurare la speranza allestendo la sua ‘Casa di preghiera Nostra Signora della Pace’, al centro della Comunità, rifece i padiglioni nuovi ed ariosi, ai lati di una diritta via centrale, con casette per le famiglie, un’organizzazione amministrativa autonoma, gli ambulatori e laboratori per i piccoli lavori.

Suore e preti provenienti dall’Italia crearono sul suo esempio, un clima di fiducia e di affetto con gli ammalati e come Marcello, presero a manifestarlo toccando questi esseri definiti ‘intoccabili’.

Egli diceva alla suore “quando ami non ti accorgi più delle deformità. Tanto bella ti appare l’anima, l’amicizia, l’affetto di questi malati che sono diventati tuoi, parte della tua vita”.

Nel 1980 papa Giovanni Paolo II in visita in Brasile, arrivò anche a Marituba, abbracciò molti lebbrosi e poi chiese di Marcello Candia che non vedeva. Giunse che spingeva una carrozzella con un lebbroso senza mani e piedi, l’abbracciò e baciò in fronte; si meritò il titolo di “Marcello dei lebbrosi”.

La preghiera la volle al centro di tutta la sua multiforme attività, istituendo due piccoli Carmeli, facendo venire le suore carmelitane da Firenze, si ritirava ogni giorno per la sua “ora di preghiera”, durante la quale non esisteva più niente per lui, si definiva il ‘novizio delle carmelitane’.

Veniva ogni anno in Italia, ufficialmente per riposarsi dagli altri quattro infarti subiti e dal delicato intervento chirurgico di ben tre by-pass, ma in realtà, in patria egli girava per le diocesi, per incontri, conferenze, dibattiti, raccolte di fondi, tanto da ritornare ogni volta in Brasile più stanco di prima.

Viene scritto un libro su di lui dal titolo “Da ricco che era…”, che vende subito 100.000 copie; nascono una Comunità Spirituale Missionaria e nel 1982 l’Associazione “Amici di Marcello Candia” per sostenere le opere da lui iniziate.

Non era facile sopportarlo per il suo carattere esigente, se non si aveva il suo stesso ardore di carità, in lui c’era come in tutti i santi uomini, una miscela di virtù e di difetti, lo circondavano incomprensioni, invidie, maldicenze, pigrizie, meschinità e lui reagiva da gigante buono, che non riusciva a muoversi senza dare una scrollata.

Sempre con il pensiero di dover morire con un infarto, si accorse invece di avere un tumore devastante della pelle ormai in metastasi, gli ultimi mesi in Brasile li passò soffrendo, senza quasi più mangiare e angustiato dalle divisioni interne fra i suoi collaboratori; ci fu pure chi lo accusò di aver rubato, infliggendogli ulteriori amarezze in quel suo Calvario silenzioso, che solo le Suore Carmelitane conoscevano, perché solo a loro si confidava.

Nel 1983 decide di ripartire per l’Italia per un ultimo controllo, nessuno lo saluta all’aeroporto, solo un sacerdote; forse non intuiscono la gravità e la solitudine finale di questo missionario laico, comunque sempre considerato un’industriale, anche se con la fissazione della carità. Cade sull’aereo, lo accompagna un giovane segretario di 19 anni, all’aeroporto di Parigi sviene; viene ricoverato con urgenza all’ospedale di Milano con cancro al fegato e metastasi diffusa. Muore il 31 agosto 1983 senza lamentarsi e ringraziando chi lo curava, per ogni cosa.

La causa per la beatificazione di questo colosso della carità cristiana, che ha seguito il consiglio di Gesù “Lascia tutto e seguimi”, è stata avviata il 20 gennaio 1990 a Milano.

Papa Francesco l’ha dichiarato Venerabile l’8 giugno 2014

 

da Santi e Beati.it – Autore: Antonio Borrelli