Tra il parapetto del ponte e l’acqua

Un giorno del 1855 o 1856, faceva visita ad Ars l’abate Guillaumet, che fu per lunghi anni superiore dell’Immacolata Concezione a Saint-Dizier nell’Alta Marna.

Una povera donna in lutto, che durante il viaggio era stata sempre seduta vicino a lui, ascoltando in silenzio i discorsi di meraviglia su Ars ed il suo Curato, gli rivolse, per la prima volta, la parola quando giunsero alla stazione di Villefranche: “Signore, mi permettete di seguirvi fino ad Ars? Vengo là come andrei in un luogo qualsiasi: viaggio perché ho bisogno di distrarmi”.

L’abate Guillaumet si accordò subito, ed accettò anche di farle da guida. Giunsero ad Ars quando il Curato Vianney, che ancora indossava la cotta, avanzarsi tra la folla e dirigersi verso questa povera donna che in quel momento, per seguire l’esempio dei pellegrini, si era inginocchiata. Il santo, chinatosi al suo orecchio disse: “ Egli è salvo”.

La sconosciuta ebbe un sussulto, e Vianney ripetè: “ Egli è salvo”. La risposta a queste parole fu un gesto di incredulità da parte della donna straniera. Allora il santo sacerdote, scandendo ogni parola, aggiunse: “ Vi dico che egli è salvo, si trova in Purgatorio, e si deve pregare per lui. Tra il parapetto del ponte e l’acqua ha avuto il tempo di fare un atto di contrizione. E’ la santa Vergine che gli ottenne questa grazia: ricordate le devozioni del mese di maggio nella vostra camera. Qualche volta il vostro sposo, quantunque irreligioso, si è unito alla vostra orazione, e questo gli ha meritato il perdono”.

L’abate Guillaumet non comprese nulla di queste parole; e solo il giorno seguente seppe della meravigliosa luce che aveva illuminato il servo di Dio. Quella donna passò tutta la notte in preghiera, e ne uscì con la fisionomia trasformata, simbolo della pace, di cui era ripiena la sua anima.

Prima di partire da Ars, com’era naturale, ringraziò l’abate Guillaumet, a cui disse: “ I medici mi consigliarono di viaggiare per distrarmi dall’atroce disperazione che seguì il mio animo alla tragica morte di mio marito, che era incredulo e che io speravo di condurre alla fede. Disgraziatamente egli annegò con un suicidio volontario. Non potevo rassegnarmi al pensiero che fosse dannato e che non lo potessi veder più. Ebbene, voi avete sentito la parola di conforto che mi è stata detta: “ egli è salvo. Quindi lo rivedrò in cielo. Signore, qui ho trovato la guarigione”.

 

 

 

Tratto da IL CURATO D’ARS E LE ANIME DEL PURGATORIO  di Don Marcello Stanzione