TRA QUESTI MURI QUI

Classe 1981, Alket è arrivato in Italia clandestinamente su un gommone, dall’Albania, all’età di quattordici anni. Ha vissuto tra Molfetta, Terni, Poviglio e Modena, lavorando nell’edilizia e nella ristorazione. Dopo anni di disoccupazione, quando aveva già deciso di tornare a casa, arrivò in prova alla Spei.

 

Come e quando sei arrivato alla Spei?

Ho fatto qualche mese di prova nel 2013, da giugno ad ottobre. Stavo lavorando in campagna, a Formigine, nelle terre di Paolo [Rossi Barattini], dopo due-tre anni che non trovavo un impiego. Fu lui a dirmi di contattare Stefano, perché di lavoro non ne aveva più per me. Disse che Stefano aiutava le persone.

 

Così l’hai chiamato, e hai fatto il colloquio…

Ho fatto il colloquio: all’inizio rimasi un po’ esterrefatto… Stefano mi spiegò un po’ la sua storia, e poi chiese di me. Io parlavo e lui scriveva su un foglio. Poi mi spiegò la storia della Spei, disse che chi arrivava lì, in un modo o nell’altro ne usciva cambiato, e con un lavoro. Per dire la verità io non ci credevo, dopo due anni di disoccupazione avevo perso la fiducia in tutto. Stefano mi disse: <<Dal momento che sei entrato qui ti andrà bene, o qui o da un’altra parte!>>

 

E tu cosa pensavi?

Ero un po’ demoralizzato, non avevo altre strade. Ho detto: <<Mi butto qua, e vediamo che succede>>, la Spei era l’ultima possibilità, non ne avevo da nessun’altra parte. Però quando parlava Stefano un po’ ci credevo anch’io… Forse era lui che mi faceva credere… Infatti è successo quel che è successo, a me è andata bene. Ho creduto nel cambiamento.  

 

Cosa è successo?

Alla Spei provavo ad esercitarmi nel disegno, ma sapevo che non ci sarei mai riuscito, non avevo possibilità: sono uno che ha sempre lavorato nei cantieri. Continuavo a mandare curriculum dall’ufficio, a rispondere agli annunci sui siti “trova lavoro”: per due anni non ho mai avuto risposte, stranamente, da quando ero lì dentro, avevo tre-quattro risposte di lavoro a settimana, e giuro che non riuscivo a capirne il perché.

 

Secondo te da cosa è dipeso?

Ah, non lo so, me lo chiedo ancora oggi [ride, ndr]. Prima di arrivare alla Spei m’era sempre andata male, non avevo mai avuto fortuna. Da quando sono arrivato lì dentro, e fino ad oggi, m’è sempre andata bene. Secondo me è stato quello che ha detto Stefano…

 

L’intervento di Dio?

Posso dire lo stesso di un mio amico [Giulio], che era nelle mie stesse condizioni di disoccupato. L’ho portato alla Spei e nel giro di un mese ha trovato lavoro da un’altra parte. Gli avevo detto di fidarsi. C’è qualcosa lì dentro che t’aiuta: il lavoro l’ho trovato sullo stesso sito di annunci a cui ero iscritto da anni, l’ho trovato su un pc della Spei.

 

Che lavoro hai trovato?

Quello che faccio tuttora, l’autista.

 

Hai mai lavorato per qualche cliente della Spei?

No mai… Dicevano che ero bravino col disegno, ma avevo molto da imparare: non ero pronto per uscire. Mi sono solo esercitato qualche mese…

 

La Spei ti pagava?

Che Stefano m’abbia regalato dei soldi sì, quando avevo bisogno. Ma non avevo lo stipendio: io non lavoravo lì dentro, io imparavo. Non ero un dipendente, andavo in ufficio qualche volta al mattino, qualche volta al pomeriggio, solo per provare… È stato lui che me li ha dati… Per dire la verità io non glieli ho mai chiesti, Stefano ha voluto darmene perché sapeva che io ne avevo molto bisogno, che ero in difficoltà economica – assicurazioni da pagare, soldi… Me li ha dati e basta, di tasca sua. Vivevo a Modena, con mio fratello, e ho centocinquanta parenti qui, ma nessuno che mi aiutava.

 

Sei credente?

Sono praticamente ateo… L’Albania è il paese più ateo del mondo, non si è mai fatta pratica religiosa: il comunismo ha fatto bruciare tutte le chiese e tutte le moschee. Fino al 1990 non ne avevo mai viste, e non avevo mai visto un prete! Ho fatto un po’ di catechismo prima di partire per l’Italia, ma niente di che. Mio padre è cattolico, mia madre musulmana, ma praticamente sono atei anche loro. Ammiro chi crede in Dio, ma con tutte le cose brutte che succedono nel mondo, ho perso la speranza. E dico la verità: da quando sono arrivato alla Spei sono diventato un po’ credente, per quello che è successo a me, e soprattutto per quello che è successo a Giulio. Dopo che anche il mio amico trovò lavoro mentre era in prova alla Spei, sono cominciati a venirmi dei dubbi…

 

Alle riunioni del giovedì avrai sentito certe cose per la prima volta…

Sono andato solo un paio di volte alle riunioni… Anche guardando gli eventi che mi sono capitati, qualche “dubbio” sul fatto che ci sia Dio mi è venuto: come dicevo, quando sono arrivato alla Spei ero senza via d’uscita, stavo per tornare in Albania. Ho pregato un po’ quando ho fatto le riunioni, per me era una cosa assolutamente nuova. E ho trovato lavoro da una scrivania dell’ufficio.

 

Oltre ad aver trovato lavoro, hai fatto altri cambiamenti?

Da quando sono arrivato alla Spei mio fratello ha avuto un figlio, lo cercava da sette anni… Ma chissà se c’entra la Spei… Comunque la mia vita è migliorata in ogni ambito, compresa la famiglia: dall’anno scorso, tutti vanno più d’accordo con tutti a casa mia. Prima c’era qualche problema…

 

Hai fatto da conciliatore?

Sì, anche quello, qualcosa l’ho fatto… Sono cambiato molto da quando sono stato alla Spei. È cambiato tutto: ho cercato sempre di aiutare più persone – alla Spei ho portato già due ragazzi [Dino]. Una volta stavo più sulle mie: sapevo che nella vita, quando sei in difficoltà, trovi sempre le porte chiuse da tutti, da tutte le parti, compresa la famiglia. Poi trovi quella persona che non c’entra niente con te, ma che alla fine è l’unico che ti aiuta, quello che non ti aspetti. Adesso se vedo qualcuno in difficoltà lo aiuto.

 

Hai ricevuto, adesso dai…

Esatto, devo dare, chiaramente.

 

Alla Spei avevi legato con qualcuno in modo particolare?

Ero molto amico di [Susanna] e [Luana], due brave ragazze, sono rimasto in buoni rapporti con loro – ogni tanto ci sentiamo e ci vediamo ancora.

 

Che giudizio dai sulla Spei?

Dico quello che ho detto a Dino, che ho portato alla Spei due settimane fa. È un posto dove le persone sono aiutate veramente, come sono stato aiutato io e come è stato aiutato Giulio. A parte la possibilità che mi è stata data, ho imparato che nella vita bisogna “dare”, e molto. Perché c’è sempre qualcuno che ti aiuta. L’unica critica che posso muovere a Stefano è quella di non accompagnare fino alla fine del cammino di “aiuto” chi viene accolto… Quando si inizia una cosa bisogna finirla! Lui prende qualcuno gratuitamente, comincia a insegnargli il disegno meccanico, poi arriva qualcun altro e si dedica solo all’altro! Bisognerebbe accompagnare un po’ di più, e non lasciare in stand-by

 

Dice la stessa cosa chi sta lavorando alla certificazione della Spei [Ceccarelli].

Il rischio è di aprire la porta e lasciare a metà strada, ecco una critica che gli si può fare. Il problema è che Stefano ha così tanta voglia di aiutare la gente che si dimentica di quelli che stava già aiutando… L’unica critica che si può fargli è quella, ma io sono stato aiutato per primo, e proprio in quegli uffici ho trovato il lavoro che faccio ora.

 

Anche tu sei stato lasciato “a metà”?

No, io me la cavavo bene… Se avevo bisogno di aiuto non avevo paura a chiedere a qualcuno in ufficio, oppure telefonavo direttamente a Stefano. Però ho visto altre persone che hanno avuto questo problema. Forse è meglio aiutare “pochi ma bene” che “molti a metà”. 

12/10/2014