Fino a una decina di giorni fa non avrei mai pensato di sentirmi una privilegiata per avere ancora una casa. E invece oggi è così.
Quella notte il fortissimo movimento di tutta la casa, pavimento e pareti, e il fragore dei mobili che ballavano facendo cadere ogni cosa mi ha spaventata tremendamente. Io ero sveglia, sul divano a guardare la televisione. Tornavo da una serata con gli amici in fiera a Mirandola. Avevamo già avvertito la prima scossa dell’1,30 , ma mai mi sarei immaginata, poche ore più tardi di viverne una di quella potenza.
Quando ho iniziato a vedere i mobili della sala spostarsi, non so dove ho trovato la forza per alzarmi e correre sotto la prima porta che avevo vicino. Nel frattempo è arrivato mio padre che mi ha calmata e rassicurata per quanto fosse possibile.
Nel mentre, abbiamo sentito le urla di mia mamma dal piano di sotto: il primo pensiero è stato quello che mia nonna, malata di Alzheimer da 5 anni, ferma a letto invalida, fosse caduta dal letto per via della forte scossa, o che le fosse caduto qualcosa addosso. Iinvece, quando siamo scesi al piano di sotto e ci siamo fatti largo tra i vetri e le bottiglie rotte, abbiamo avuto la brutta sorpresa di non vedere più il capannone ma il cielo…
È stato tremendo… ancora mi sembra di avere quel preciso momento davanti agli occhi… la polvere, le urla di mia madre e la sua disperazione per la sua vita di sacrifici persa tutta in pochi secondi.
“Elena mi dispiace… tutti i nostri sogni e progetti sono andati in fumo”, mi ha detto qualche tempo dopo.
Tra i sogni e progetti, ce n’era anche uno più piccolo ma per me importante: la preparazione della mia festa di laurea, che sarebbe dovuta avvenire il 12 luglio prossimo. Erano mesi che risparmiavamo per poterci permettere il viaggio fino alla mia università, a Parma, e la successiva festa .Ora mi ritrovo in una situazione difficile, con in più anche il pensiero di dare l’ultimo esame e della stesura della tesi di laurea.
Qui fin da subito ci siamo tutti rimboccati le maniche e abbiamo cercato di salvare il salvabile. Come se non bastasse si è messa pure la pioggia a tenerci compagnia per alcuni giorni dopo la prima scossa. Piano piano, però, iniziavamo a riprendere un po’ di coraggio, nonostante le scosse. Lunedi ero quasi contenta che durante la notte non si fossero sentite scosse significative: iniziavo a pensare che stavamo uscendone
La mattina stessa di martedi avevo deciso di tornare a Parma, per riprendere i miei studi e la scrittura della tesi. Ero in macchina con mio padre che mi stava portando in stazione a Modena per prendere il treno quando, all’altrezza di San Prospero abbiamo avvertito la seconda forte scossa.
Ho pensato fosse il fondo stradale dissestato, ma vedendo mio padre afferrare il volante dell’auto saldamente ho capito che non era cosi. Mentre rallentava, diceva : ”il terremoto, il terremoto”.
Finalmente ci siamo fermati e abbiamo telefobnato subito a mia mamma: poverina, era sconvolta (era a casa da sola). Siamo tornati indietro. Tornando verso Mirandola si vedeva solo distruzione: aziende, colossi come la Menù, la Bellco, la Gymnasium crollate… ho ancora il cuore in gola per quello.
Ora non ho sinceramente più il coraggio di entrare in casa. Si entra solo per stretta necessità di bagno o cibo. Vivo con la mia famiglia nel gazebo in giardino e la notte dormiamo in macchina.
Sinceramente ormai mi sento davvero stremata. Vengono a mancare le forze anche per le semplici attività di tutti i giorni. Anche solo studiare è diventato impossibile.
Ogni tanto, dentro di me, spero davvero che questo sia solo un brutto incubo da cui svegliarmi e rendermi conto che nulla intorno a me è cambiato. E invece purtroppo questa è la realtà.
Tutto si è capovolto: la casa che prima ritenevo il posto più sicuro dove poter stare si è trasformato in un luogo in cui stare il meno possibile, un luogo di paura.
A volte si passano momenti di fiducia, in cui credo che tutto possa tornare come e meglio di prima, ma ci sono anche momenti in cui non vedo più nulla davanti a me, e questo uccide dentro.
La vita che prima era fatta di tante cose, ora raccolta in una borsetta, in uno zaino appoggiato su un tavolo in giardino… La cosa devasta dentro…
Ieri sera ho ricevuto la telefonata di Stefano, un mio compagno di corso all’università, che mi ha commosso: mi ha detto di aver parlato gli altri ragazzi del nostro corso e di voler fare qualcosa per me anche se sono lontani, con qualcosa di veramente concreto dalla pasta allo scatolame agli utensili vari. Il gesto mi ha veramente commosso, ogni volta che ci penso mi viene da piangere.
In questi momento capisco veramente chi mi è vicino (Lc 10,36, n.d.r.) e chi posso considerare solo uno dei tanti nella mia vita.
La vita ora è davvero difficile perché si mangia quel poco che si ha e ce lo si deve dividere: anche solo una scatoletta di tonno, un piatto di pasta in bianco. E in questo momento capisco davvero l’importanza di un pacco di pasta, di una bottiglia di acqua, di una fetta di carne ma anche di un letto in cui dormire.
Però ringrazio ogni giorno di essere ancora viva e di avere ancora accanto a me la mia famiglia. Ora abbiamo solo bisogno di sopravvivere e di tornare a una vita normale, anche se qui dove abito io (nella zona industriale di Mirandola) di normale non c’è più nulla: un quartiere fantasma, tra fabbriche chiuse o crollate.
“La mia vita e i miei sogni sconvolti, a 23 anni, dal terremoto in Emilia” – testimonianza di Elena Gelatti, 23 anni – di Chiara Maffioletti – Solferino 28 anni – Corriere.it