UN CASO DI IMPRODUTTIVITA’

Classe 1973, emigrato dalla natia Sardegna, Gianmatteo fece alla Spei la sua prima esperienza lavorativa dopo aver conseguito una laurea in Ingegneria meccanica ed una serie di specializzazioni all’estero. Sposato dal 2009 e padre di un bimbo di quattro anni, lavora a Novara dove vive con la moglie. Tipo atletico e sportivo, profondamente credente e nostalgico di un mondo non troppo lontano in cui la famiglia era il fulcro della vita sociale e cristiana.

 

 Come sei arrivato alla Spei?

Ho lavorato alla Spei dall’ottobre del 2002 al luglio del 2003. Nonostante la meccanica non mi sia mai piaciuta – era “contro la mia natura” – ero davvero molto bravo nelle materie scientifiche, nonostante i miei studi classici. Studiai Ingegneria meccanica anche all’estero, mi laureai con una tesi complessissima sui robot. Nel periodo universitario, però, mi resi conto che la mia vera passione era la fisica – oggi mi dedico alla  gestione di impianti antincendio, acqua per fuoco, in qualche modo c’è un po’ di natura.. 
Ad ogni modo, alla Spei venni assunto grazie al mio ottimo curriculum: oltre ai miei qualificanti titoli di studio, avevo una conoscenza approfondita di PRO-E, all’epoca un programma di disegno ancora pioneristico. Stefano aveva grandi aspettative dopo la mia assunzione, ma a dir la verità, lavorai davvero male.

 

Cosa è successo?

Facevo una vita malsana. Vivevo in una piccola stanza, all’interno di un appartamento a Reggio Emilia (si era aperta la possibilità di lavorare alcuni mesi per una ditta committente, ma non appena trovai casa, quel lavoro si dileguò nel nulla)  Ogni mattina mi alzavo alle 7 per tornare a casa alle 20, tutto il giorno a lavoro e la sera da solo, lontano da casa: la nebbia emiliana, il freddo, un lavoro che non mi piaceva e che alla lunga era diventato monotono. Nonostante il buon curriculum , il mio rendimento alla Spei fu mediocre. 
Era richiesta una immediata produttività, su attività solo di disegnatore cad, nessuna traccia di ingegneria pura ecc. era deprimente. 
Ricordo che nell’ultimo periodo mi trasferii a Reggio,. Così per un po’ di tempo feci ogni giorno la spola tra il mio nuovo domicilio reggiano e gli uffici Spei. Alle difficoltà quotidiane si aggiunsero problemi di salute che mi portarono ad un ricovero ospedaliero per 1 mese.
Ripresomi dopo un periodo di convalescenza, lavorai in una ditta di Molinella [Anteo] per alcuni mesi, fino alle agognate ferie, che trascorsi tra Londra e la Sardegna. Fu proprio durante quel periodo di vacanza che la Spei mi recapitò la lettera di licenziamento tramite posta raccomandata.

 

Ti arrabbiasti?

No, anzi fu una liberazione. Nonostante le aspettative non ero a mio agio in quell’ambiente. Quella lettera poteva arrivare da un momento all’altro, Stefano avrebbe potuto licenziarmi anche molti mesi prima. Non fosse stato così, probabilmente avrei continuato quello stile di vita davvero dannoso per la mia salute.

 

Sei rimasto in contatto con Stefano dopo il periodo Spei?

Cinque anni dopo, nel 2008, Stefano mi telefonò. Parlammo del più e del meno, in particolare mi raccontò del suo pellegrinaggio a Medjugorje e del suo cambiamento. Anch’io sono sempre stato credente – così come sono tuttora attento ai segni della Provvidenza, impegnato con più o meno costanza in una vita di preghiera cristiana – ma credo che Stefano non se ne accorse mai durante il mio periodo alla Spei. Non credo che ne fu mai interessato, e comunque non ne parlammo mai – il nostro rapporto era cordiale, ma confinato strettamente all’aspetto lavorativo. 
Dopo quella prima telefonata, continuammo a sentirci – lo facciamo tuttora, ogni tre o quattro mesi – fino a quando, nel 2009, lo invitai al mio matrimonio, celebrato in Sardegna: ebbi così l’occasione di rivederlo di persona proprio nel giorno più bello della mia vita.

 

Com’è la vita matrimoniale?

Non posso parlare del matrimonio in generale, solamente di quello cristiano. Sì, la vita matrimoniale è bella e non bisogna avere paura di sceglierla. Una volta trovata una persona con cui condividere certi ideali – soprattutto per quanto riguarda l’educazione dei figli – bisogna buttarsi e fidarsi di Dio. Nessuno è mai convinto al 100% di fare una scelta del genere, eppure bisogna avere il coraggio di farla. La preghiera, anche in questo, è fondamentale. Così come costruire una vita di affetti, sia per l’uomo che per la donna. Gli attacchi del diavolo, di questi tempi, si concentrano proprio sulla distruzione degli affetti, in ogni sua forma: il vilipendio della famiglia ne è a testimonianza. Quando vengono a mancare gli affetti – o perché non si sono scelti o perché sono stati distrutti – le persone cominciano a fare “di tutto e di più” per riempire questo buco, spendendo un’enorme quantità di tempo nella ricerca di hobbies sempre nuovi o passatempi più o meno sani. Ho amici che volevano fare carriera a tutti i costi, e alcuni ce l’hanno fatta, sono diventati AD di importanti società. Eppure oggi si ritrovano incredibilmente soli e ormai sulla via della vecchiaia.

 

Tu invece hai preferito la famiglia alla carriera…

Sto scegliendo la famiglia,non ho fatto la carriera che desideravo ma sto acquistando più maturità umana. 
Nella mia esperienza, ogni volta che mi sono mosso da solo non ho mai ottenuto niente. Quando invece mi sono mosso per la mia famiglia non ho mai avuto rimpianti.

 

Come giudichi la tua esperienza alla Spei?

Forse avrei dovuto attendere altre possibilità lavorative,sicuramente sarebbe stato meglio subito andare all’estero per qualche anno subito dopo laureato. Per poi però restare in Italia, per sempre. Con il mondo del lavoro di oggi, difficile. D‘altronde di che lamentarsi? Noi in Italia stiamo bene, guardiamoci attorno oggi e indietro nel passato. L’Italia è il paese migliore per crescere, anche per gli aspetti umani. Sono orgoglioso nonostante tutto di far parte di questo paese, se avrò occasione non mi tirerò indietro per dare il mio contributo per migliorarlo. Sempre se a ciò mi porta la provvidenza.

22/08/2014