Sa nuotare e remare, guidare il cavallo a perfezione, è appassionata della caccia e sa sparare col fucile di suo padre, recita in modo divertente, ma più di tutto, è innamorata di Gesù.
Al tramonto di ogni giorno, Teresa raduna i suoi cari a dire le preghiere e durante la notte, mentre tutti dormono, lei, che non ha neppure 10 anni, si alza a pregare a lungo. La preghiera notturna sarà il distintivo di tutta la sua vita.
Vincendo le resistenze dei suoi, nel luglio 1887, a 17 anni, entra tra le suore Minime a Le Budrie. Mentre suo padre parla con la superiora, Teresa, avendo avvistato un galletto nel cortile, sfila il fucile dal calesse e spara, ammazzandolo: iniziava così la sua vita religiosa! Il 2 maggio 1888, Teresa fa la vestizione.
Al termine del noviziato, per otto anni, rinnova i voti privati, com’è consuetudine nel suo Istituto. Soltanto il 7 aprile 1897, emette la professione con i voti pubblici. Nel medesimo anno consegue la patente di maestra elementare. Due anni dopo, è mandata come superiora a Bentivoglio, dove il marchese Pizzardi, nel suo castello, ha aperto un asilo e una scuola di lavoro.
Lei è devotissima alla Madonna, alla quale affida ogni sua opera, e lavora con il genio educativo e apostolico di San Giovanni Bosco: due dei suoi alunni saranno sacerdoti salesiani.
Il 15 agosto 1903, salva un bambino caduto nel canale, buttandosi in acqua e per questo riceverà dal Comune una medaglia al valor civile.
Una grande gioia prova nell’ottobre 1907, quando può aprire la casa di San Ruffillo, dov’è nata. È tanta la stima che si merita che Mons. Della Chiesa, Arcivescovo di Bologna (futuro Papa Benedetto XV), la chiama sovente in udienza per conferire con lei riguardo alla sua Congregazione.
Gode di grande autorevolezza e prestigio, pur con il suo stile singolare e vispo. Sa sempre ottenere tutto da Dio con la preghiera, e dagli uomini l’aiuto per chi ha bisogno, così che qualcuno la chiama “l’onnipotenza supplice”.
La sua più bella avventura inizia per lei quando il 19 ottobre 1908, è mandata superiora nell’asilo di Sant’Agata Bolognese, dove si merita subito la fiducia incondizionata del parroco Don Luigi e della popolazione animata da spirito di fede; dà vita a una scuola di lavoro, precisamente una maglieria, e vi occupa ben 80 ragazze, mentre ai ragazzi insegna a fare le reti per la pesca.
Alla base di queste iniziative, pone il catechismo, perché il fine della sua opera è condurre tutti a Gesù e, grazie a Lui, a salvarsi l’anima. La sua scuola, dove è maestra di fede e di vita, si distingue per l’amore e la gioia che ella diffonde attorno a sé.
Per più di 40 anni, a Sant’Agata, incontrare Suor Teresa, sarà per tutti come incontrare Gesù: ella sa di essere mandata a tutti, a far conoscere e amare il Signore, con lo stile di Clelia Barbieri.
Ci sono persone senza lavoro: Suor Teresa se ne interessa a fondo e trova lavoro per costoro. Mai nessuno, rivoltosi a lei, viene lasciato solo.
Ai malati e agli anziani, porta conforto e aiuto. Ha una capacità straordinaria di ascoltare ciascuno e di risolvere i loro problemi, anzi di comunicare loro Gesù che è la soluzione di tutti i problemi.
Appare come un faro nella notte, come segno di consolazione e di gioia nelle ore più difficili. Si rivolgono a lei, a chiedere luce, il parroco e giovani sacerdoti, padri e madri di famiglia. Ci sono persone illustri che vengono da Bologna e molto più lontano a interpellarla.
La sua “maternità” si fa più splendente negli anni della prima guerra mondiale (dal suo asilo provvede con premura alle famiglie e ai soldati al fronte); durante la seconda guerra mondiale (1940-1945), quando Sant’Agata è occupata dai tedeschi, benché violenti e usi alla sopraffazione, sono soggiogati dal suo stile in cui è visibile Dio stesso.
Suor Teresa prega, soffre e si sacrifica per i sacerdoti. Dalla sua scuola, dove davvero realizza il progetto della sua giovinezza, sorgono altri chiamati all’altare.
Quando il Seminario di Bologna è bombardato, nel 1944, ed ella ha davanti a sé diversi seminaristi che contano su di lei. Con l’approvazione del Cardinal Nasalli Rocca, organizza nella canonica della Chiesa un seminario parrocchiale, dove i seminaristi trovano l’ambiente migliore per continuare nel loro cammino: dodici di loro diventeranno sacerdoti e ancora oggi la ricordano come vera madre.
Come possa farsi così tutta a tutti, solo la sua ardente vita di preghiera e di unione con Dio può spiegarlo: brillano in lei tutte le virtù, in primo luogo la fedeltà alla preghiera e ai prolungati colloqui notturni che la legano in modo appassionato a Gesù e alla salvezza delle anime.
Nell’ultimo tratto della sua esistenza, il diavolo furibondo per il bene che compie, si scatena contro di lei, provocandole sofferenze inaudite. Suor Teresa sofferente, ma mai vinta, si rifugia davanti al Tabernacolo e sgrana Rosari alla Madonna: Gesù viene a consolarla, stringendosela al cuore.
Il Redentore le si mostra sotto l’aspetto dell’Ecce Homo, grondante sangue e le chiede: “Riparazione ed espiazione!”, ma anche sorridente e lieto per dirle: “Amore, amore, più amore!”. L’attira a sé con le estasi e la arricchisce di doni singolari, come quello della “coronazione di spine”.
Il 16 maggio 1950, Suor Teresa Veronesi va incontro al suo Sposo, martire dell’amore per Lui e della purezza inviolata. Negli ultimi anni, nascondeva la sua mistica “coronazione di spine”, con una benda bianca, spesso intrisa di sangue, come l’atleta greco che cingeva la fronte di candido diadema: anch’ella era stata vittoriosa nella sua vita. Dal 6 aprile 2003, è in corso a Roma la sua causa di canonizzazione.
Tratto da “Un faro nella notte” di Paolo Risso