Un solo piccolissimo paese nel mondo occidentale portava il nome della figlia prediletta di Maometto e proprio in questo Maria – peraltro molto considerata presso i musulmani – sceglie di apparire. Che non si tratti di una ipotesi solo visionaria lo ha recentemente confermato anche Alì Agca, l’attentatore di Giovanni Paolo II che nella sua biografia (per quanto vale, vista la doppiezza dell’uomo) cerca di dare al suo gesto anche il significato di una sorta di rivendicazione di un evento considerato, a suo dire, ingiustamente cattolico.
Ma il mistero permea anche altri aspetti. Fatima, infatti, è certamente la più complessa apparizione mariana tra quelle che hanno contrassegnato la modernità. Complessa per quei segreti che l’hanno accompagnata, soprattutto per il terzo di cui si sono cercate a lungo interpretazioni definitive. Sappiamo infatti dei decenni di silenzio da parte dei papi, silenzio che si era caricato di ipotesi di ogni tipo che vertevano però praticamente tutte intorno a grandi difficoltà per la Chiesa.
Sappiamo poi come Giovanni Paolo II, che proprio il giorno dell’anniversario di Fatima era sfuggito miracolosamente alla morte, abbia interpretato il testo del segreto e come tale lo abbia divulgato, riferendolo all’evento che lo aveva visto drammaticamente protagonista. Ma sappiamo anche come ciò non abbia messo termine alle discussioni che, alla fine, sembrano essersi placate solo per un successivo intervento di Benedetto XVI che ha, come dire, riaperto il segreto ad una prospettiva più ampia che non ne limita il contenuto solo ad un preciso fatto già avvenuto nel passato ma lo mantiene valido e applicabile anche per il futuro.
Ma se i segreti sono sempre misteriosi e difficilmente penetrabili, esplicite erano invece a Fatima le previsioni circa un evento storico reale che stava per iniziare proprio l’anno stesso delle apparizioni, e cioè quel marxismo che tanti disastri avrebbe prodotto a livello religioso e sociale. Per scongiurarlo, aveva detto Maria alla veggente, occorreva pregare, occorreva fare un atto esplicito di consacrazione della Russia al suo Cuore Immacolato.
Sappiamo delle tante incertezze che sono seguite al proposito: consacrazioni larvate o parziali fino a quella esplicita di Giovanni Paolo II insieme a tutti i vescovi (come Maria aveva chiesto) il 25 marzo 1984. Da allora, ecco verificarsi a cascata tutta una serie di avvenimenti imprevedibili: il 13 maggio di quello stesso anno esplode nel Mare del Nord l’arsenale di Severomorsk che distrugge tutto l’apparato missilistico sovietico, dando il via a quella perestroika che porterà il colosso sovietico ad afflosciarsi su se stesso. L’atto ufficiale di liquidazione dell’Urss avverrà proprio nell’anniversario dell’Immacolata, l’8 dicembre 1991.
A Fatima, dunque, forse più che altrove, il Cielo, tramite Maria, ha voluto mostrarci quanto fede e storia siano tra loro legate. Come cioè il bene o il male, che nascono dal cuore umano, influiscano sugli avvenimenti concreti. E come dunque i credenti, e con loro la Chiesa, debbano esserne coscienti e con l’aiuto di Dio cercare di porvi rimedio. In un processo che, tuttavia, sembra non avere mai termine, in un agone che vedrà sempre grano e zizzania contrapporsi tra loro, fino alla fine della storia.
A distanza di qualche decennio, infatti, non possiamo non renderci conto che se, certo, il marxismo almeno in Russia è finito, ciò che lo ha sostituito, e cioè un capitalismo selvaggio e corrotto, non è molto meglio né per la fede né per la vita di molti. Così come nell’intero Occidente, ideologie non meno pericolose tentanto di sgretolare il cristianesimo fin dalle sue fondamenta.
Ma proprio Fatima è lì a ricordarci che, nonostante tutto, possiamo alimentare la nostra speranza ricorrendo al Cuore Immacolato di quella Madre che ci attende per portarci ad un altro Cuore, quello ricco di amore e di salvezza del Figlio Gesù.
Tratto da La complessità di Fatima – di Rosanna Brichetti Messori – 11-05-2013 – La Bussola quotidina